La denuncia dell’Ingegnere. La lunga guerra sul lodo Mondadori. Feltri: girano altri filmati
di Peter Gomez e Marco Lillo
Gli uomini più vicini a Carlo De Benedetti parlano senza mezzi termini di spionaggio. La scoperta di un alloggiamento, ideale per installare un sistema di localizzazione satellitare Gps, nel paraurti dell’auto utilizzata a Roma dall’editore del gruppo Espresso-Repubblica, più il sospetto che documenti legali riservati siano stati trafugati forse dalla sede della Cir, la holding dell’Ingegnere, hanno spinto De Benedetti a presentare una denuncia alla magistratura.
Per tutta la giornata di ieri le riunioni tra gli avvocati dell’imprenditore più odiato dal premier Silvio Berlusconi si sono succedute freneticamente.
La convinzione del gruppo, per il momento non ancora suffragata da prove, è che De Benedetti sia finito nel mirino degli 007 (privati?) subito dopo la sentenza con cui in ottobre il giudice milanese Raimondo Mesiano aveva condannato la Fininvest a versare a Cir un risarcimento da 750 milioni per il caso Mondadori.
Come sono andate davvero le cose cercherà di stabilirlo il pool per i reati informatici della Procura di Roma. Ma l’esposto di De Benedetti è un segnale preciso del clima in cui sta precipitando il paese.
A partire dalla scorsa primavera, in seguito alle inchieste giornalistiche sulle decine di ragazze a pagamento che frequentavano le residenze del premier, si sono moltiplicati i rumors su informative, video e foto imbarazzanti riguardanti politici di destra e di sinistra, giornalisti, alti prelati e manager.
Vittorio Feltri, il direttore de Il Giornale che ha maneggiato, e in qualche caso pubblicato molto di questo materiale, in un’intervista a Klaus Davi, ha detto: "Girano video hard probabilmente realizzati da alcune trans che ritraggono politici colti sul fatto. Quelli che fanno i ricatti non sono le trans stesse, sono altri che approfittano del materiale delle trans".
Il riferimento è tutto per il caso Marrazzo, l’ex presidente di centrosinistra della regione Lazio, costretto alle dimissioni da un video che lo ritraeva con una trans e della cocaina sul tavolo.
Tanti altri filmati sono stati ritrovati nel computer di Brenda, il viado morto in circostanze ancora misteriose (ma i pm romani propendono per l’omicidio) che era solito riprendere i suoi clienti vip con un videofonino. I consulenti informatici stanno verificando il contenuto del pc trovato nel suo appartamento.
Secondo le indiscrezioni, i video sono molti, anche se non è semplice riconoscere i volti dei protagonisti. Nel Palazzo il panico è palpabile. E spesso a soffiare sul fuoco sono i quotidiani più vicini al Cavaliere. L’obiettivo principale sembra chiaro. Annacquare il caso delle escort a Palazzo Grazioli in decine di altri presunti scandali. Tanto che ora nel mirino è finita persino Alessandra Mussolini per una vicenda (la presunta relazione con il leader di Forza Nuova, Roberto Fiore) che comunque, se non fosse provato un ricatto nei suoi confronti, resta privata.
Si segue, insomma, un copione preciso. E a dare il la alle danze è stato il 25 giugno scorso proprio Berlusconi.
"Sono stato facile profeta quando ho previsto che l’imbarbarimento provocato da una ben precisa campagna di stampa avrebbe messo in moto una spirale che va assolutamente arrestata", aveva detto il presidente del Consiglio commentando gli articoli del quotidiano edito da suo fratello Paolo che riguardavano un vecchia indagine del 2000 su un giro di ragazze squillo offerte a uomini vicini al leader Ds, Massimo D’Alema. "Da editore”, aveva aggiunto il premier, "ho stracciato molti servizi e molte fotografie".
Una frase che a molti era suonata come una minaccia: quello che è finito nel cestino, si può infatti sempre recuperare. Pochi giorni dopo, ai primi di luglio, Marrazzo era stato intrappolato in via Gradoli da un gruppo di carabinieri infedeli e il primo a vedersi offrire il video era stato Feltri, allora direttore di Libero.
A fine luglio Feltri passa a Il Giornale dove l’ex direttore Mario Giordano si congeda dai lettori con un editoriale fin troppo chiaro: "Quello che fanno le persone dentro le loro camere da letto (siano essi premier, direttori di giornali, editori, ingegneri, first lady, body guard o avvocati) riteniamo siano solo fatti loro. E siamo convinti che i lettori del Giornale non apprezzerebbero una battaglia politica che non riuscisse a fermare la barbarie e si trasformasse nel gioco dello sputtanamento sulle rispettive alcove".
Come dire: fino alle "escort del clan di D’Alema" ci sono arrivato. Ma più in là non mi spingo. Con Feltri la musica cambia: in rapida successione Il Giornale colpisce il direttore di Repubblica Ezio Mauro (presunti pagamento in nero per una casa), quello di Avvenire Dino Boffo (una storia di molestie telefoniche e presunta omosessualità). Poi la palla passa a Canale 5 che fa pedinare e filmare di nascosto Mesiano, il giudice della sentenza da 750 milioni di euro.
Ora Carlo De Benedetti è molto preoccupato. Difficile dargli torto.