Politica

B. e Dell’Utri: quei summit con i capimafia

Quel che c’è da sapere prima di Spatuzza. Non c’è soltanto l’ultimo super-pentito: nella sentenza di primo grado che condanna il cofondatore di Forza Italia, il sistema di relazioni tra il Cavaliere e Cosa Nostra.

 

Chi si scandalizza per le dichiarazioni di Spatuzza, chi attende col fiato sospeso quelle eventuali dei fratelli Graviano, chi si domanda “perché proprio ora?”, chi invoca “i riscontri” ad accuse tanto “inverosimili”, non sa che da 15 anni decine di mafiosi pentiti e di semplici testimoni hanno parlato dei rapporti fra Dell’Utri, Berlusconi e Cosa Nostra.E che le loro parole sono già state riscontrate da indagini accurate e documenti inoppugnabili. Di più: le parole scritte dal Tribunale di Palermo che nel 2004 ha condannato Marcello Dell’Utri a 9 anni per concorso esterno in associazione mafiosa fanno impallidire quelle dell’ultimo pentito. Il quale si limita ad aggiungere un paio di tasselli a un mosaico già più che completo. Purtroppo quel processo, diversamente da quelli di Cogne, Erba, Perugia e Garlasco, nessuno l’ha mai raccontato in tv e nemmeno i mafiologi dei giornali che oggi si svegliano con 15 anni di ritardo. Ci provarono Luttazzi, Biagi e Santoro nel 2001, infatti furono epurati dalla Rai proprio per evitare che informassero i cittadini elettori del processo più importante d’Italia e più oscurato del mondo. Oggi le parole di Spatuzza cadono in quel vuoto informativo accuratamente studiato a tavolino e appaiono come funghi cresciuti nel deserto, calunnie di un pazzo o di un pentito prezzolato che ha deciso di infangare l’immacolata reputazione del premier e del suo braccio destro. Il Fatto ha deciso di riempire quel vuoto pubblicando in due puntate ampi stralci della sentenza Dell’Utri. Nella prima di oggi si raccontano i rapporti fra i fondatori di Forza Italia e Cosa Nostra negli anni Settanta e Ottanta.  Domani sarà la volta degli anni Novanta: la “stagione politica”, dominata anche secondo i giudici dai fratelli Graviano.

Peter Gomez e Marco Travaglio

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