Segreto di Stato su fascicoli Sismi e schedature telefoniche. Il premier "utilizzatore finale" e lo scambio con i Servizi
Adesso non ci sono più dubbi. Il mandante, o meglio "l’utilizzatore finale", era Silvio Berlusconi. Dietro le schedature di massa dei magistrati e dei presunti avversari politici del premier da parte del Sismi; dietro lo spionaggio operato dalla security Telecom di almeno cinquemila cittadini, tra i quali compaiono i nomi di big della finanza come Cesare Geronzi o della politica come i vertici dei Ds, dell’Udc e della Lega (senza dimenticare qualche parlamentare di Forza Italia), c’era l’avallo del governo.
Perché sia l’ufficio di via Nazionale a Roma, dove i servizi militari monitoravano l’attività di chi era considerato nemico del premier, sia la compagnia telefonica, rientrano in qualche modo negli "assetti operativi" del Sismi.
È questa l’unica chiave di lettura possibile delle decisioni di Palazzo Chigi che, a fine dicembre, ha autorizzato prima l’ex direttore del Sismi, Nicolò Pollari, ad avvalersi del segreto di Stato durante gli interrogatori sul centro di via Nazionale.
E poi ha fatto lo stesso con Marco Mancini, l’ex responsabile del controspionaggio, imputato a Milano di associazione per delinquere, corruzione e rivelazione di notizie di cui è vietata la divulgazione, per lo scandalo dei dossier Telecom.
Mancini, arrestato il 12 dicembre del 2006, per i suoi rapporti con l’ex capo della security del compagnia dei telefoni, Giuliano Tavaroli, e con l’investigatore privato fiorentino, Emanuele Cipriani, lo scorso 13 novembre durante l’udienza preliminare aveva sostenuto di poter spiegare ogni cosa: dalle informazioni passate a Cipriani e finite nei dossier della sicurezza capeggiata dal suo ex commilitone Tavaroli (con i nomi di battaglia di Tortellino e Tavola erano stati entrambe sottufficiali dei carabinieri), fino alle somme di denaro ("a titolo di rimborso spese" sostiene il detective fiorentino) ricevute in cambio delle notizie.
Solo che per farlo avrebbe dovuto parlare degli "assetti organizzativi del Sismi", dei suoi "rapporti con le fonti sotto copertura" e delle "direttive" ricevute in proposito dai superiori. Ma questo, alla luce della sentenza della Corte costituzionale dell’11 marzo 2009 sul caso Abu Omar, dice Mancini, è vietato anche per gli imputati. E alla fine il presidente Berlusconi gli ha dato ragione.
Accanto a questa ricostruzione tecnico-giuridica, ve ne è però un’altra. Molto più inquietante. Le informazioni raccolte da Cipriani e dagli uomini della Telecom, attorno ai quali gravitavano pure ex agenti della Cia, come John Paul Spinelli e dei sevizi segreti francesi come Fulvio Guatteri, spesso finivano in mano al Sismi e venivano utilizzate per finalità politico-finanziarie.
A raccontarlo ai magistrati è stato un altro degli imputati dell’inchiesta Telecom, l’ex ufficiale del Ros dei carabinieri Angelo Jannnone, poi passato alla corte di Tavaroli. Jannone ricorda una singolare vicenda che ha come (involontario) protagonista il manager, Paolo Dal Pino. Quand’era responsabile di Tim Brasile, ma stava per passare alla guida della strategica Wind, Dal Pino viene contattato dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta, che gli dice di aver avuto notizie sul suo conto dai servizi segreti.
In buona sostanza, gli 007 avevano riferito a Letta che Dal Pino, ogni volta che rientrava in Italia, era solito portare con sé delle pietre preziose senza dichiararlo alla dogana. La notizia era falsa, ma circolava negli ambienti di Telecom. Ma chi era la fonte delle barbe finte? Dal Pino si convince che fosse proprio Jannone.
Così lo affronta a muso duro, dicendogli che anche Tavaroli gli ha confermato come la storia provenisse da lui. "Cominciai allora a comprendere lo strano gioco di Tavaroli", spiega Jannone, "Infatti l’unica persona con cui avevo riferito queste voci su Dal Pino era proprio Tavaroli e, come spiegai a Dal Pino, dedussi che era stato Tavaroli stesso a parlarne, forse con Mancini, per poi dire a Dal Pino che ero stato io".
Fatto sta, comunque, che Palazzo Chigi, lasciando di stucco il manager, utilizza immediatamente la presunta notizia. Anche per questo il potere di Mancini e di Tavaroli aumenta a dismisura. Tanto che Letta con i vertici Telecom difenderà il capo della security a spada tratta, mentre Berlusconi, nel 2006, prometterà a Mancini la direzione del Sismi nel caso che il centrodestra avesse rivinto le elezioni.
Gli 007 però avevano ottimi rapporti anche a sinistra. E quando finiscono sotto inchiesta usano pure queste relazioni (e conoscenze) per cercare una via d’uscita. Così i messaggi alla politica si moltiplicano: sia durante gli interrogatori che sui giornali.
Tra le carte maneggiate da Tavaroli & Co ci sono infatti molti fascicoli scottanti – a partire dal dossier Oak sui presunti fondi esteri dei Ds – che il Parlamento, su iniziativa del governo Prodi tenta immediatamente di far distruggere per legge. Il 27 gennaio 2007, il potere (di ricatto?) degli spioni, irrompe poi su due quotidiani che pubblicano il primo interrogatorio di Mancini.
Il quale, subito dopo l’arresto, e senza che nessuno gli avesse chiesto niente, aveva tirato in ballo il numero uno del Sismi, Nicolò Pollari, i Ds e l’Udc.
"Dopo il 2003", ricorda Mancini, "Cipriani mi disse che tal generale G. aveva documentazione riferita all’onorevole Lorenzo Cesa (segretario dell’Udc, ndr). Avuta questa notizia, andai da Pollari e chiesi se era interesse del servizio avere questi documenti. Alla risposta affermativa, mi feci dare da Cipriani questo foglio che consegnai a Pollari. In seguito Pollari mi disse che Cesa, dopo aver letto le informazioni su di lui, le definì fesserie. Altra notizia che ebbi da Cipriani fu quella di avere concretamente la possibilità di avere i nomi di società all’estero riconducibili a personaggi della sinistra, specificatamente ai Ds. Anche in questo caso andai da Pollari a riferire. Lui mi invitò ad andarlo a dire al senatore Nicola Latorre, il quale mi disse pure che erano fesserie".
Sia Cesa, Latorre smentiscono di aver mai ricevuto i dossier. Pollari invece tace. Ma subito dopo la pubblicazione dell’interrogatorio, il 29 gennaio, durante l’udienza preliminare dell’inchiesta sul sequestro di Abu Omar, chiede che vengano sentiti in sua difesa Prodi e Berlusconi. Poi domanda che il procedimento venga interrotto, sollevando un’eccezione di legittimità costituzionale, perché per difendersi dovrebbe citare documenti coperti dal segreto di Stato. Il giudice gli risponde picche. La legge in quel momento in vigore non lo consente.
La sera del 30 gennaio la commissione Affari costituzionali della Camera, presieduta dal ds, Luciano Violante, approva all’unanimità (destra e sinistra) la riforma dei servizi segreti in cui spunta a sorpresa un articolo, mai discusso nelle settimane precedenti, che ricalca in toto l’eccezione di legittimità costituzionale proposta dalla difesa Pollari.
Il trucco viene però smascherato dai alcuni giornalisti e la maggioranza, di fronte alle polemiche, è costretta a fare marci indietro. A risolvere il problema ci penserà comunque la Consulta, investita della questione proprio dal governo di Prodi. Perché le informazioni degli 007, a destra come a sinistra, fanno paura.
Da Il Fatto Quotidiano del 6 dicembre