Su Il Giornale il bollettino quotidiano dei “nemici” di B. Da Fini a Casini, anche se (a volte) le notizie non sono vere

Questo articolo si apre con un esercizio alla Giucas Casella. Se la sua tesi è vera, aprendo Il Giornale di questa mattina, potete raccogliere scommesse: o c’è un articolo contro Fini, o ce n’è uno contro Casini. Più probabilmente ce ne sono sia uno contro Fini sia uno contro Casini. “Littorio” – come lo definisce genialmente Dagospia – sa essere equanime. Su Renata Polverini, invece, non dovreste trovare nulla: ne ha già fatto parlare male, ieri e l’altro ieri. Oggi riposo festivo, poi si riparte anche con lei. Magari oggi parla maledi Flavia Perina o di Fabio Granata, altri due resistenti finiani. Di solito i prestigiatori sono tutti un po’ bari. Ma di sicuro il trucco è riuscito, perché stavolta parliamo del grande mago del giornalismo di destra, di Vittorio Feltri.

Al mago Otelma delle tirature è riuscito un gioco di prestigiditazione che a nessun altro sarebbe riuscito: ogni giorno sui suoi giornali si toglie la pelle a un nemico del suo editore (e questo sarebbe persino legittimo). Ma ogni volta che lo fa, tutti dicono: “Mica li attacca perché sono nemici del suo padrone. Li attacca perché è Feltri”. Geniale. Qualcuno dei tartassati persino si scusa. L’altra cosa che bisogna aggiungere invece (un altro prodigio) è che nel centrodestra adesso di lui hanno paura. Quarto trucco del mago: lui bastona le sue vittime con la clava. E quelle il giorno dopo gli scrivono in punta di fioretto. A volte Feltri risponde, il più delle volte no. Il giorno dopo riprende in mano la clava e giù.

Ieri il direttore in prima pagina bastonava Casini e Filippo Rossi, l’animatore di FareFuturo (un altro pericoloso finiano, dunque). E, al lato, Ignazio La Russa, era di turno nella posta dei “flagellati”: “Caro direttore: Gianfranco non è come Di Pietro“. Quando uno deve difendere Fini dall’accusa di essere uguale a Di Pietro (sia detto senza offesa per nessuno dei due) al mago Otelma è già riuscito il trucco. La quinta cosa da spiegare, poi, è che il giornalismo di Feltri è un miracolo perchè è un giornalismo senza notizie. I primi due presunti scoop che questa estate hanno inaugurato l’era del “giornalismo intimidativo”, infatti, erano due notizie riciclate. La prima – quella che ha mascariato il direttore di Avvenire Dino Boffo – era già apparsa nel sito del blogger Mario Adinolfi. La seconda, quella che ha mascariato il direttore di La Repubblica era già apparsa in un blog del vicedirettore di Libero, un giornale concorrente.

Il capolavoro, in questo caso, è stato un altro esercizio di prestigio: la firma del vicedirettore concorrente campeggiava sulla pagina de Il Giornale, ma non su quella del suo giornale. La riprova del trucco era semplice: quelle due non-notizie venivano riciclate perché in quel momento erano utili alla nuova proprietà e prima no. Il Vittorio Feltri direttore di Libero, pur avendo un quotidiano – quando erano uscite – non le aveva ritenute degne. Il Vittorio Feltri direttore de Il Giornale ha dedicato loro tre giorni di prime pagine. Così Il Giornale, che fino al suo arrivo era una potente macchina da notizie, è diventato sostanzialmente un giornale che piega le notizie alle opinioni: talvolta ci sono notizie reciclate per servire opinioni (il che è legittimo, ma nel campo della narrativa) e molto spesso ci sono solo opinioni al servizio delle opinioni.

Grottesco l’epilogo con Boffo. Il 4 dicembre Feltri torna sul caso: “Si trattò di una bagattella e non di uno scandalo”. A Boffo la bagattella è costata la fama di omosessuale attenzionato e molestatore. Poi venne il turno della Mussolini: la sua foto sparata in prima pagina con la notizia di un video hard (che nessuno ha mai visto, a partire da Feltri). Altra bagattella? In un caso, poi, il feltrismo ha stabilito un primato. La notizia allusa, e non data. Minacciata, piuttosto. È successo con Gianfranco Fini, bersaglio, a cui Littorio scriveva: “Oggi tocca al premier,domani potrebbe toccare al presidente della Camera. È sufficiente, per dire, ripescare un fascicolo del 2000 su faccende a luci rosse riguardanti personaggi di An per montare uno scandalo. Meglio non svegliare il can che dorme”.

Questo fascicolo, poi, Feltri non lo ha ripescato. Il che può significare solo due cose: o minacciava di usarlo ma in realtà non lo aveva. Oppure lo aveva e lo ha usato come minaccia, e poi si è tirato indietro. Certo, il mago qualche talento deve averlo. Memorabile il suo primo colloquio di lavoro con Nino Nutrizio, raccontato da lui stesso. Feltri aveva lavoricchiato per L’Eco di Bergamo. Evidentemente non doveva aver brillato, perché Nutrizio gli disse: “Quello è il giornale più brutto del mondo. Se non vi hanno assunto nemmeno lì ho il sospetto che siate un cretino”. Gli capitò poi fra le mani la cronaca di un delitto. Scrisse. Il giorno dopo non trovò il suo pezzo. Nutrizio chiamò: “Lei non è cretino e assunto”. Era in prima, ma Feltri non l’aveva visto. Feltri è stato leghista, e oggi è berlusconiano. E’ stato manettaro, oggi attacca i magistrati. È stato anche espulso dall’ordine dei giornalisti per aver pubblicato foto di pedofili con bimbi che lui stesso aveva definito “bestiali”. Applicando il suo metodo si potrebbe sparare la sua foto con quelle dei pedofili, oggi. Ma noi non facciamo bagattelle.

Da Il Fatto Quotidiano del 6 gennaio

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