Se la cattiva sanità è frutto di un sistema di scambi, spartizione degli incarichi e del potere
Ci sono neologismi che hanno avuto molta fortuna, malagiustizia su tutti. E poi malauniversità, malapolitica e quello di cui scrivo oggi: malasanità. Tutte parole usate a sproposito: quando un giudice si vende una sentenza è malagiustizia (lo è anche quando emette una sentenza sfavorevole a una certa fazione politica; quando invece la sentenza interessa la fazione avversa, allora "le decisioni della magistratura vanno rispettate". Ma questa è un’altra storia); quando si scopre un concorso truccato per la nomina di un professore è malauniversità; quando un politico si fa coprire di tangenti è malapolitica; quando un medico lascia una pinza nella pancia di un paziente o sbaglia una diagnosi è malasanità.
Naturalmente non è vero niente: si tratta semplicemente di reati, commessi di volta in volta da giudici, professori universitari, politici, medici. Criminalità comune, magari diffusa, proprio come si scoprì ai tempi di Mani Pulite e come continua a scoprirsi oggi nei più disparati settori della pubblica amministrazione.
La malasanità, per restare in tema, è un’altra cosa: è disordine strutturale, inefficienza endemica, organizzazione mirata a scopi diversi da quelli propri del settore. E, fortunatamente, in Italia, tutti questi aspetti, che pure ci sono, non impediscono al sistema sanitario nazionale di essere posto dall’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità) al secondo posto nel mondo dopo la Francia. Secondo l’Oms, il sistema italiano fornisce una risposta efficiente alle necessità di tutti i cittadini e i medici italiani sono preparati professionalmente ed eticamente impegnati nella loro attività. Insomma, come diceva Pascarella (La scoperta de l’America) "il mondo ce l’invidia e ce l’ammira", e difatti la riforma Obama è una timida imitazione del nostro sistema sanitario.
Allora perché tutti parlano con tanta convinzione di malasanità (nell’accezione indicata: crimini, abusi, illegalità varie da parte di medici, infermieri, dirigenti)? É semplice, perché in questo modo si attribuiscono le carenze del sistema, che pure ci sono come è ovvio, a precisi capri espiatori e si allontana l’attenzione dalle responsabilità reali. Che sono, manco a dirlo, della politica; proprio come tutte le maleamministrazioni del Paese sono responsabilità della politica e sempre per le stesse ragioni. É la politica che mantiene aperti decine di piccoli ospedali inefficienti, pericolosi, inutili e naturalmente costosi; e lo fa per non scontentare le popolazioni locali, dunque per garantirsi consenso e voti; e anche per utilizzare i posti di lavoro disponibili nel consueto mercato di raccomandazioni, nomine, assunzioni.
É la politica che nomina i dirigenti sanitari, direttori generali e direttori sanitari e, attraverso di loro, i vertici medici: primari, aiuti, responsabili apicali. Il tutto in base a requisiti non necessariamente professionali: vi ricordate lady Mastella e i suoi ginecologi Udeur? É la politica che utilizza l’intero sistema sanitario nazionale come un enorme mercato di favori concessi e ricevuti, al cui interno le capacità professionali costituiscono un optional.
É la politica che gestisce le risorse economiche disponibili (certo, non infinite) di nuovo per scopi estranei all’efficienza del sistema: ne è un esempio la programmata asfissia di settori sanitari nei territori dove operano strutture private; pensate ai laboratori di analisi, a cliniche private specializzate in interventi che negli ospedali di zona non sono garantiti o sono addirittura impossibili; alle interminabili attese per prestazioni coperte dal servizio sanitario nazionale che inducono i cittadini a ricorrere, pagando, alle prestazioni private; naturalmente queste convenzioni costituiscono occasioni per tangenti o anche semplicemente garanzie di consensi, di finanziamenti elettorali, di assunzioni, nel consueto giro di scambio.
La cosa straordinaria è che, nonostante questi terribili handicap, la struttura sanitaria italiana sia, come appunto riconosciuto dall’Oms, di buona qualità. Naturalmente la domanda è, sempre per dirla con Pascarella, "Ma ste fregnacce tu come le sai?". É semplice: per anni, in tutte le procure e i tribunali che ho frequentato, ho ascoltato intercettazioni tra presidenti (di tutto, regioni, province, Enti vari) assessori, deputati, consiglieri vari; e manager, medici di vario livello, professori universitari, imprenditori. E il tema era sempre lo stesso: lo scambio.
Credete che sia un caso l’avversione di tutta la classe politica, praticamente senza eccezioni, per le intercettazioni telefoniche? Ecco questa è la malasanità: la diffusa utilizzazione del sistema per l’interesse della fazione al potere; e, spesso, anche della fazione avversa. Poi, se va bene, capiterà anche l’uomo giusto al posto giusto (chi non ha conosciuto medici e manager preparati, onesti e diligenti?), la struttura efficiente, l’acquisto di tecnologie moderne; magari anche un po’ di ricerca (ma qui siamo messi proprio male). Ma si tratta sempre di qualcosa di subalterno al grande disegno strategico della classe dirigente italiana: l’impossessamento del paese in funzione di potere, arricchimento e comunque, almeno, sopravvivenza.
Da Il Fatto Quotidiano dell’8 gennaio