Mills e Mediaset congelati per 9 mesi. Caos al Senato

Alfano e Ghedini a rapporto da Berlusconi. Ieri pomeriggio da palazzo Grazioli è uscita l’ennesima misura salva Berlusconi che inchioderà il processo Mills contemporaneamente all’entrata in vigore del processo breve, in odore di approvazione definitiva – se i tempi verranno rispettati – entro la fine di gennaio. “Decreto legge già domattina” rilanciavano ieri diverse fonti – Ansa compresa.
Il Guardasigilli ha provato a cavarsela con un “non so”, ma avrebbe portato addirittura un testo direttamente al capo. Solo Gianni Letta alla fine avrebbe stoppato i falchi dall’aprire un nuovo fronte con il Quirinale.
I boatos comunque in serata hanno infiammato l’aula del Senato, con Pd e Idv che hanno preso a tamburellare le mani sui banchi in segno di protesta e con Schifani che ha sospeso la seduta per cinque minuti.

Dunque, la battaglia è cominciata. Si tratta di assicurare un doppia blindatura per il premier in attesa dell’approvazione dell’altro provvedimento, quello sul legittimo impedimento che, invece, concluderà l’iter parlamentare entro la metà di febbraio.
Che bisogno c’era? Nessuno. Ma Berlusconi, come ha avuto modo di ribadire ieri ad Alfano, non vuole correre rischi.Ecco, dunque, piovere sul processo breve un’ennesima forzatura che il sottosegretario alla Giustizia, Giacomo Caliendo, ha comunque giustificato come “assolutamente necessaria”.
La norma sospenderà fino a 90 giorni quei processi per i quali non è stato concesso di chiedere il rito abbreviato nonostante ci sia stata una nuova contestazione da parte del pm a dibattimento aperto. Guarda caso, proprio quello che è accaduto nei processi Mills e Mediaset.

Un’altra misura ad personam? Ovvio. Com’è ovvio che gli estensori lo neghino con fermezza: “C’è una sentenza della Corte Costituzionale del 14 dicembre – afferma Caliendo – che impone l’obbligo di un intervento immediato”.
La sentenza è quella della Consulta firmata da Giuseppe Frigo che ha dichiarato l’illegittimità dell’articolo 517 del codice di procedura penale. E che viene ora forzata dal Pdl in modo da calzare alle necessità di Berlusconi, con la scusa che si è creato un vulnus, che bisogna garantire gli imputati e che, dunque, l’intervento legislativo non può attendere. Ma Caliendo, alla fine, ha svelato anche l’importanza strategica di questo nuovo espediente: “Capirete – ha spiegato – che se ne frattempo qualcosa sfuggisse di mano e finisse un procedimento con sentenza definitiva, sarebbe irrimediabilmente viziato”.

Inutile dire che la notizia di quest’ennesimo provvedimento ad personam ha fatto saltare i nervi al presidente della Camera. Qualcuno giura di averlo sentito sibilare ad uno stretto collaboratore: “Questa non gliela faccio proprio passare…”.
È facile pensare che la calendarizzazione del processo breve alla Camera potrebbe incorrere in complicazioni, ma si vedrà. Di fatto ieri, assieme alle voci sull’ennesimo decreto in arrivo, Fini aveva nuovamente dato il proprio stop al ritenere “che la funzione di governo si traduca automaticamente in un’agenda legislativa predefinita a senso unico”.

Sotto tiro, come sempre, l’uso disinvolto degli strumenti legislativi da parte del governo (decreti legge e ricorsi abnormi alla fiducia) solo per perseguire lo scopo di salvare dal giudizio un premier con troppi guai.
Monito, anche questo, rimasto inascoltato.
Ma che ha inevitabilmente accelerato il redde rationem tra i due co-fondatori del Pdl. Ormai o la va o la spacca, la misura è colma. “E non si può andare avanti così, a strappi – dicono gli uomini di Fini – senza un chiarimento”. Così, ecco Italo Bocchino, il più fedele tra i finiani, annunciare – complice una scherzosa intervista radiofonica – che Fini e Berlusconi si vedranno forse giovedì prossimo.
L’annuncio è stato accompagnato da parole di distensione (“sono come marito e moglie, che possono litigare ma devono trovare il modo di stare insieme”) che non hanno affatto convinto i falchi del Pdl.
“Il rapporto tra i due è ormai logorato – sostiene un ascoltato spin doctor del Cavaliere come Giorgio Stracquadanio – e Berlusconi continua a non capire cosa vuole mai Fini e perchè continua a mettersi di traverso ogni momento; non vediamo anche noi l’ora che ci sia il colloquio. Che, comunque, un risultato lo produrrà”.

Quanto positivo è dunque tutta da vedersi. Intanto, ieri il processo breve è approdato nell’aula di palazzo Madama, dove è stato accolto dal fuoco di fila dell’opposizione, un copione già studiato dal governo che, se sarà necessario, porrà la questione di fiducia. “Non abbiamo tempo da perdere – ha chiosato Filippo Berselli, presidente della Commissione Giustizia del Senato – il processo breve deve essere approvato entro la prossima settimana”.

Da Il Fatto Quotidiano del 13 gennaio

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