Quando inventò la Fattoria degli animali e la sua “metalingua“, George Orwell non poteva immaginare che meno di un secolo dopo l’Italia avrebbe avuto il suo maiale più uguale degli altri e, grazie alla Rai, per la modica cifra di 30 centesimi al giorno, anche la minzolingua: un idioma ben remunerato che ignora il dizionario, la logica e pure il ridicolo.
"C’è chi considera Craxi un mezzo delinquente". Perché mezzo? Semmai doppio, essendo stato condannato definitivamente per corruzione (Eni–Sai) e finanziamento illecito (Metropolitana).
"Una democrazia costosa permise al paese di restare per 50 anni nel mondo libero". Già. Ma restarono nel mondo libero anche democrazie meno costose: per esempio quelle di tutto il resto d’Europa. E anche quella italiana negli anni ’40-’50, retta da politici come De Gasperi ed Einaudi, che non rubavano.
"Alla caduta del Muro di Berlino, paradosso italiano, i vincitori che erano dalla parte giusta, invece di ricevere una medaglia furono messi alla sbarra". Purtroppo i magistrati, quando prendono un ladro, non gli domandano da quale parte del Muro di Berlino stava: lo condannano perché rubare è reato.
"Il finanziamento illecito ai partiti era stato oggetto di amnistia due anni prima: un colpo di spugna che preservò alcuni e dannò altri". L’amnistia del ‘90 cancellò tutti i finanziamenti illeciti commessi fino all’89, compresi quelli di Craxi. Il quale però continuò a rubare anche dopo. Fra i "preservati" dall’amnistia, un certo S.B., che aveva commesso una falsa testimonianza nell’88.
"La verità è che, a un problema politico, fu data una soluzione giudiziaria". La verità è che corruzione e finanziamento illecito non sono un problema politico: sono due reati previsti dal Codice penale dai politici, Craxi incluso, che poi lo violavano.
"Craxi, l’unico che ebbe il coraggio di porre in questi termini la questione, fu spedito alla ghigliottina". Ghigliottina a parte, Craxi non fu processato perché poneva la questione, ma perché rubava.
"Per questo Craxi non volle mai vestire i panni dell’imputato". Nessuno vorrebbe mai vestire i panni dell’imputato: purtroppo lo decidono i giudici, non l’interessato. In ogni caso, per evitarlo, si potrebbe cominciare a non commettere reati.
"E’ di quegli anni il vulnus che alterò i rapporti fra politica e magistratura". I rapporti fra politica e magistratura sarebbero sereni, se non ci fossero politici che violano la legge. Il vulnus sono i loro reati, non le indagini che ne derivano.
"Un vulnus che per quasi un ventennio ha fatto cadere governi per inchieste che spesso non han portato da nessuna parte". Dal ‘92 si sono succeduti i governi Amato, Ciampi, Berlusconi1, Dini, Prodi1, D’Alema, Amato, Berlusconi2, Prodi2, Berlusconi3. A parte Amato (caduto per i troppi ministri inquisiti, poi condannati o prescritti), nessun altro governo è caduto per cause giudiziarie.
"Grazie agli euromissili Craxi contribuì con Reagan e papa Wojtyla a mettere in crisi l’Urss". L’Urss non se n’era mai accorta. Ma Craxi avrebbe potuto metterla in crisi senza rubare.
"Kohl riunificò le Germanie e poi finì anche lui sotto processo". Vero: per 1 milione di fondi neri alla Cdu, non un centesimo finito nelle sue tasche. Ma Kohl si lasciò indagare, non fuggì, restituì il maltolto e chiese scusa in lacrime al popolo tedesco.
Ora chi viene sorpreso a borseggiare il vicino sull’autobus può tentare di giustificarsi con la minzolingua: "Veda, caro signore, se le sto sfilando il portafogli non è perché io sia un mezzo delinquente, ma per via della Guerra fredda che mi vide sempre dalla parte giusta rispetto al Muro di Berlino. Purtroppo l’amnistia del ‘90 non copriva i borseggi del 2009, che sono un problema politico e non giudiziario, anche tenendo conto del caso Kohl e degli esempi di Reagan e Wojtyla.
Troppi governi sono caduti per inchieste finite nel nulla. Non ho alcuna intenzione di vestire i panni dell’imputato e lei, anziché mettermi alla sbarra o spedirmi alla ghigliottina, dovrebbe darmi una medaglia. Non me la dà? Vabbè, ora mi scusi: devo correre al Tg1 a fare il mio editoriale".
Da Il Fatto Quotidiano del 15 gennaio
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