Economia & Lobby

La proposta, un primo marzo senza immigrati al lavoro

Chissà se dopo il Popolo viola nascerà un nuovo movimento orizzontale per porre con forza la questione del lavoro immigrato in Italia. O chissà se, invece, dopo la riunione di ieri mattina a Roma (nella sede della Cgil), non sia stato soprattutto messo un freno alla proposta nata su Facebook. Quella di realizzare il primo sciopero degli immigrati in Italia (su modello delle proteste francesi dei sans papiers), “proclamato” online per il primo marzo. Per ora le braccia degli stranieri continueranno a lavorare e quella del primo marzo dovrebbe diventare una giornata di astensione dai consumi. Una scelta ben più soft, che aprirebbe la stagione di “Primavera antirazzista”, una serie di iniziative che dal primo al 20 marzo dovrebbero affrontare i temi caldi della discriminazione e del lavoro immigrato. Cgil, Uil, Ugl, Arci, Acli e associazioni di immigrati hanno incontrato infatti ieri i fondatori del gruppo Primo marzo 2010 – Sciopero degli stranieri nato a fine novembre su Facebook. Il gruppo, che conta oltre 33 mila iscritti, ha come obiettivo l’organizzazione di uno sciopero nazionale degli immigrati. Per rendere evidente a tutti quale enorme ruolo ricoprano gli stranieri nel sostenere l’economia nazionale. “Questo gruppo nasce meticcio – si legge sulla pagine di Facebook – Siamo collegati e ci ispiriamo a La journée sans immigrés: 24h sans nous, il movimento che da qualche mese, in Francia, sta camminando verso lo sciopero degli immigrati per il 1 marzo 2010”. Separato e parallelo, nasce però negli ultimi mesi anche il movimento Blacks out, che riunisce associazioni di immigrati, l’Arci, le Acli, l’Asgi. E i sindacati. Cisl esclusa. Il gruppo propone, in data 20 marzo, una giornata di mobilitazione. Non uno sciopero insomma. Quanto piuttosto una serie di iniziative per sensibilizzare gli italiani sull’apporto, assai importante, degli stranieri al sistema-paese. I due movimenti sono quanto mai attuali. Soprattutto dopo Rosarno. Ma anche dopo White Christmas e le ordinanze razziste di molti comuni lombardi. Le strade di Blacks Out e del gruppo Primo marzo si sono incontrate ieri mattina, per dare vita a un “coordinamento” e alla campagna “Primavera antirazzista”.

L’idea dello sciopero, però, dopo la riunione appare lontana. “Ci sono delle leggi – dice Kurosh Danesh, della Cgil – che regolano gli scioperi. Non esiste lo sciopero generale etnico. Esiste lo sciopero generale dei lavoratori. Semmai potremmo ragionare su uno sciopero generale che abbia al centro il tema dell’immigrazione”. Per ora, però, le associazioni, i sindacati e il gruppo Primo marzo, hanno stabilito solo una “piattaforma ” operativa che prevede venti giorni di appuntamenti in via di definizione. Ma senza incrociare le braccia. “Questi movimenti – dice il responsabile immigrazione della Cgil, Piero Soldini – dovevano incontrarsi per realizzare qualcosa di costruttivo. La campagna “Primavera antirazzista” vuole essere questo. E vuole porre al centro i temi importanti legati all’immigrazione, ai diritti dei lavoratori attraverso manifestazioni territoriali e nazionali. Per esempio, stiamo pensando a un grande concerto a Milano.

Cristina Seynabou Sebastiani, una delle fondatrici del gruppo su Facebook, ritiene utile l’incontro e la creazione di un coordinamento ma non rinuncia all’idea di partenza. “É giusto lavorare assieme, ma noi continuiamo a pensare che un grande sciopero servirebbe. E faremo appello nuovamente al sindacato affinchè si realizzi. Per noi, insomma, non è una partita chiusa”. Il 17 gennaio a Milano ci sarà la presentazione ufficiale del movimento Primo marzo che, dice Cristina “avrà anche dei comitati locali”. E che, a quanto pare, spingerà i sindacati verso lo sciopero. Impresa difficile. Tanto che, per certi aspetti, la “cabina di regia” nata ieri sembra proprio servire a far tramontare quell’idea. “Non si può scherzare sugli scioperi – dice ancora Soldini – ed è il sindacato che deve occuparsene. La cosa importante è che ieri ci siamo incontrati. Non aveva senso continuare a lavorare isolati. Gli obiettivi sono gli stessi”.

La verità è che senza le organizzazioni sindacali è davvero difficile fare sciopero, quindi il gruppo nato su Facebook ha davvero bisogno delle organizzazioni dei lavoratori. Ma queste sembrano mantenere una linea assai prudente. Senza appropriarsi (o forse assumersi fino in fondo la responsabilità) di una mobilitazione nata in rete, Cgil, Uil e Ugl preferiscono realizzare delle iniziative. Così, tra il primo e il 20 marzo (il giorno precedente la giornata mondiale contro il razzismo) si terrà un grande concerto “sul modello del primo maggio, dice Aly Baba Faye, uno dei fondatori del gruppo Blacks-out. Si organizzeranno assemblee sui luoghi di lavoro per parlare di razzismo e discriminazione con i colleghi italiani. Forse si farà una manifestazione regionale del settore agricolo in Calabria. Ma ancora non c’è un calendario definito. Ancora sono idee sparse. “Vogliamo lavorare sui territori – dice Aly Baba Faye – l’organizzazione sarà orizzontale, non verticistica. Ieri mattina abbiamo proposto di far firmare un decalogo antirazzista ai candidati per le regionali. O di chiedere alla Federazione italiana gioco calcio di esporre striscioni antirazzisti il 20 marzo, durante gli anticipi. Vorremmo fare un 8 marzo dedicato alle donne straniere. Le Arci si sono offerte per la formazione nelle scuole, e le Acli vorrebbero inviare ai datori di lavoro di colf e badanti un “vademecum” antirazzista”. Insomma, tutto molto bello. Tutto molto gestibile. Ma sarà incisivo come un grande sciopero? In quanto all’assente, la Cisl (il sindacato con il più alto numero di iscritti stranieri), il segretario generale Bonanni dice di non sapere nulla dell’incontro (ma dalla Cgil assicurano che la Cisl era stata invitata). “Ci impegniamo tutti i giorni – ci dice Bonanni – per i lavoratori immigrati. Forse qualcuno si accorge tardi del tema. Noi intanto martedì 19 gennaio parteciperemo alla manifestazione a Reggio Calabria organizzata dal Siulp, per chiedere legalità, sicurezza e promuovere la convivenza. Non vogliamo mettere il cappello sulle iniziative spontanee né fare confusione”.

 

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da Il Fatto Quotidiano del 16 gennaio 2008