La Procura di Milano manderà i suoi medici a controllare l’effettivo danno subito dal malato eccellente: Silvio Berlusconi dovrà sottoporsi a una visita medico-legale. La effettueranno due professori scelti dai magistrati che stanno indagando sull’aggressione del 13 dicembre 2009, quando una persona con problemi psichici, Massimo Tartaglia, gli ha tirato in faccia un souvenir del Duomo di Milano. La prima prognosi, formulata subito dopo il ricovero all’ospedale San Raffaele di don Luigi Verzé, è di 25 giorni. Ma poi entra in scena il medico personale del presidente del Consiglio, il professor Alberto Zangrillo, che la dilata fino a raggiungere i 90 giorni.
Parallelamente cresce la campagna contro il “partito dell’odio” che avrebbe armato la mano di Tartaglia.
Il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, il 14 dicembre dichiara: “Berlusconi ha rischiato di essere ucciso”. Il giorno dopo, il capogruppo Pdl Fabrizio Cicchitto stila in Parlamento un elenco preciso dei responsabili del “clima d’odio” da cui sarebbe nata l’aggressione: “A condurre la campagna di odio contro Berlusconi c’è in Italia un network composto dal gruppo editoriale Repubblica-L’espresso; da quel mattinale delle procure che è Il Fatto; dalla trasmissione televisiva di Santoro; da un terrorista mediatico di nome Travaglio; da alcuni pm che indagano sui rapporti mafia-politica; da un partito, l’Italia dei Valori; e da qualche settore giustizialista del Pd“.
Meno preciso il certificato medico inviato dal presidente del Consiglio alla procura. Vi si accenna al trauma subito, alle conseguenze sui nervi facciali, ai problemi “di iperalgia e di parestesia”, alle lesioni interne capaci di alterare “la mimica del sorriso”.
Conclusioni: i tempi necessari per la guarigione avrebbero dovuto essere di 90 giorni. Più dettagliate le notizie diffuse alla stampa: frattura al setto nasale, un paio di denti rotti, edema al volto, difficoltà all’alimentazione per bocca, dolori fortissimi e acutizzarsi della cervicalgia.
Il ricovero in ospedale dura quattro giorni. Dimesso il 17 dicembre, Berlusconi fa tappa dal suo dentista, il dottor Massimo Mazza, che dichiara al Tg1: “L’intervento è durato oltre tre ore. La botta è stata devastante e il paziente ha qualche difficoltà a parlare”. Berlusconi inizia poi la convalescenza nella villa di Arcore.
Fino al 31 dicembre quando, a sorpresa, fa la sua la prima uscita pubblica: bagno di folla, incerottato ma sorridente, al centro commerciale “Il Gigante” di Villasanta, non distante da Arcore. Il 6 gennaio 2010 appare in Provenza, a Saint Paul de Vence, con la figlia Marina. Perfettamente ristabilito e senza un segno in viso. Sono passati solo 24 giorni dall’aggressione.
Nei giorni seguenti il presidente del Consiglio riprende in pieno la sua attività. Oggi sono trascorsi esattamente 37 giorni dall’attacco di Tartaglia. Che fine ha fatto la prognosi di 90 giorni del professor Zangrillo?
Naturalmente non si può giudicare lo stato di salute di una persona soltanto dal suo volto o dai sorrisi elargiti in tv. Proprio per questo la Procura di Milano ha incaricato due luminari della medicina legale di appurare le reali condizioni del presidente del Consiglio.
Sono il professor Carlo Goy e un esperto maxillo-facciale. La determinazione della prognosi influisce direttamente sul processo all’aggressore: fino a 40 giorni il reato commesso è lesioni; sopra i 40 diventa lesioni gravi, con pena più alta. Nei prossimi giorni i due professori dovranno visitare il presidente del Consiglio e poi stilare il loro referto.
Da Il Fatto Quotidiano del 19 gennaio
Politica
Ma quanti sono i giorni di prognosi per il premier?
La Procura di Milano manderà i suoi medici a controllare l’effettivo danno subito dal malato eccellente: Silvio Berlusconi dovrà sottoporsi a una visita medico-legale. La effettueranno due professori scelti dai magistrati che stanno indagando sull’aggressione del 13 dicembre 2009, quando una persona con problemi psichici, Massimo Tartaglia, gli ha tirato in faccia un souvenir del Duomo di Milano. La prima prognosi, formulata subito dopo il ricovero all’ospedale San Raffaele di don Luigi Verzé, è di 25 giorni. Ma poi entra in scena il medico personale del presidente del Consiglio, il professor Alberto Zangrillo, che la dilata fino a raggiungere i 90 giorni.
Parallelamente cresce la campagna contro il “partito dell’odio” che avrebbe armato la mano di Tartaglia.
Il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, il 14 dicembre dichiara: “Berlusconi ha rischiato di essere ucciso”. Il giorno dopo, il capogruppo Pdl Fabrizio Cicchitto stila in Parlamento un elenco preciso dei responsabili del “clima d’odio” da cui sarebbe nata l’aggressione: “A condurre la campagna di odio contro Berlusconi c’è in Italia un network composto dal gruppo editoriale Repubblica-L’espresso; da quel mattinale delle procure che è Il Fatto; dalla trasmissione televisiva di Santoro; da un terrorista mediatico di nome Travaglio; da alcuni pm che indagano sui rapporti mafia-politica; da un partito, l’Italia dei Valori; e da qualche settore giustizialista del Pd“.
Meno preciso il certificato medico inviato dal presidente del Consiglio alla procura. Vi si accenna al trauma subito, alle conseguenze sui nervi facciali, ai problemi “di iperalgia e di parestesia”, alle lesioni interne capaci di alterare “la mimica del sorriso”.
Conclusioni: i tempi necessari per la guarigione avrebbero dovuto essere di 90 giorni. Più dettagliate le notizie diffuse alla stampa: frattura al setto nasale, un paio di denti rotti, edema al volto, difficoltà all’alimentazione per bocca, dolori fortissimi e acutizzarsi della cervicalgia.
Il ricovero in ospedale dura quattro giorni. Dimesso il 17 dicembre, Berlusconi fa tappa dal suo dentista, il dottor Massimo Mazza, che dichiara al Tg1: “L’intervento è durato oltre tre ore. La botta è stata devastante e il paziente ha qualche difficoltà a parlare”. Berlusconi inizia poi la convalescenza nella villa di Arcore.
Fino al 31 dicembre quando, a sorpresa, fa la sua la prima uscita pubblica: bagno di folla, incerottato ma sorridente, al centro commerciale “Il Gigante” di Villasanta, non distante da Arcore. Il 6 gennaio 2010 appare in Provenza, a Saint Paul de Vence, con la figlia Marina. Perfettamente ristabilito e senza un segno in viso. Sono passati solo 24 giorni dall’aggressione.
Nei giorni seguenti il presidente del Consiglio riprende in pieno la sua attività. Oggi sono trascorsi esattamente 37 giorni dall’attacco di Tartaglia. Che fine ha fatto la prognosi di 90 giorni del professor Zangrillo?
Naturalmente non si può giudicare lo stato di salute di una persona soltanto dal suo volto o dai sorrisi elargiti in tv. Proprio per questo la Procura di Milano ha incaricato due luminari della medicina legale di appurare le reali condizioni del presidente del Consiglio.
Sono il professor Carlo Goy e un esperto maxillo-facciale. La determinazione della prognosi influisce direttamente sul processo all’aggressore: fino a 40 giorni il reato commesso è lesioni; sopra i 40 diventa lesioni gravi, con pena più alta. Nei prossimi giorni i due professori dovranno visitare il presidente del Consiglio e poi stilare il loro referto.
Da Il Fatto Quotidiano del 19 gennaio
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Indagato Vendola, in Puglia è tutti contro tutti
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Roma, 18 mar. (Adnkronos) - Il Pd chiede nella risoluzione che presenterà in Parlamento per le comunicazioni della premier Giorgia Meloni che il governo si impegni a "promuovere una radicale revisione del piano di riarmo proposto dalla Presidente Von der Leyen" al fine "di assicurare investimenti comuni effettivi non a detrimento delle priorità sociali di sviluppo e coesione, e di condizionare tutte le spese e gli strumenti europei alla pianificazione, lo sviluppo, l’acquisizione e la gestione di capacità comuni per realizzare un’unione della difesa".
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Abbiamo bisogno di tenere viva la memoria. Sono state fasi cruciali della nostra storia che non sono state ancora definitivamente chiarite". Lo ha detto Giuseppe Conte intervenendo alla proiezione a Montecitorio del film 'Il delitto Mattarella' a cui sono intervenuti, tra gli altri, il regista Aurelio Grimaldi e il vicepresidente della Camera, Sergio Costa. "Piersanti Mattarella era un allievo di Aldo Moro e interpretava nella Dc la linea del compromesso storico. Gli intrecci con la vicenda Moro sono notevoli. ‘Anche per me è finita’, disse Mattarella come racconta Leoluca Orlando. C’era la piena consapevolezza del fatto che si contrastava anche una precisa linea politica”.
Caltanissetta, 18 mar. (Adnkronos) - "Era il 2016, mancavano pochi giorni all'udienza presso il Tribunale di sorveglianza di Roma, quando per strada, a Latina, fui agganciato da un soggetto che mi chiamò. Io pensavo che avesse bisogno di una indicazione stradale, mentre mi disse: 'Lasciamo perdere Montante, scordatelo. E non ti dimenticare che il 30 maggio hai l'udienza presso la Sorveglianza...'. Mi lasciò lì su due piedi, non mi diede neppure il tempo di avere una reazione. Salì su una Bmw di colore grigio e andò via". A raccontarlo in aula, davanti al Tribunale di Caltanissetta, è il pentito Pietro Riggio sentito, come teste assistito, nel processo per depistaggio a carico di due ex generali dei carabinieri in pensione accusati del reato di depistaggio, gli ufficiali Angiolo Pellegrini, 82 anni, storico collaboratore del giudice Giovanni Falcone, e Alberto Tersigni, 63 anni, entrambi per anni in forza alla Dia. Riggio spiega poi che, a suo avviso, il "soggetto" di cui parla sarebbe stato un uomo vicino ai Servizi segreti.
Secondo la procura di Caltanissetta, rappresentata oggi in aula da pm Pasquale Pacifico, avrebbero ostacolato le indagini della Procura a riscontro delle dichiarazioni del pentito Pietro Riggio, ex agente della polizia penitenziaria poi arrestato con l’accusa di essere legato clan mafiosi. Secondo l’accusa, non avrebbero dato il giusto peso alle rivelazioni di Riggio che avrebbero potuto portare alla cattura dell’allora latitante Bernardo Provenzano e a quelle relative a un progetto di attentato all’ex giudice del pool antimafia Leonardo Guarnotta. Alla sbarra anche l’ex poliziotto Giovanni Peluso, imputato di concorso esterno in associazione mafiosa. Secondo la Procura avrebbe agevolato Cosa Nostra favorendo la latitanza del boss corleonese.
Pietro Riggio sarebbe, quindi, stato intimorito poco prima di tornare in carcere, nella primavera del 2016, in merito al possibile coinvolgimento, con le sue dichiarazioni, di Antonello Montante, l'ex presidente di Confindustria Sicilia condannato per corruzione per la rete che aveva creato, con il supporto di politici e ufficiali, per raccogliere informazioni riservate su persone a lui vicine e pentiti.
Il collaboratore di giustizia, rispondendo alle domande del pm Pasquale Pacifico, ha poi ricordato di avere conosciuto il generale Nicolò Pollari, ex numero uno del servizio segreto militare ai tempi del Sismi. "Collaboravo con un ufficio legale, perché l'avvocato era su una sedia a rotelle, e mi occupavo di tutte le incombenze- racconta in aula - Una sorta di segreteria. Poi ho saputo l'avvocato Verdesca era amico personale di Nicolò Pollari perché lo aveva difeso nel processo in cui Pollari era imputato a Venezia". Racconta che Pollari lo avrebbe cercato nello studio di Latina del legale in cui Riggio lavorava.
Roma, 18 mar. (Adnkronos Salute) - La Società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva (Siaarti) accoglie con interesse l'approvazione definitiva della riforma dell'accesso ai corsi di laurea in Medicina e chirurgia, odontoiatria e Medicina veterinaria e si rende disponibile a collaborare con il ministero dell'Università e della Ricerca (Mur) per l'attuazione delle iniziative di orientamento nelle scuole secondarie superiori. Uno degli aspetti qualificanti della riforma - spiega la società scientifica in una nota - è proprio l'attività di orientamento, che rappresenta un'opportunità concreta per avvicinare gli studenti alle discipline sanitarie, promuovendo la consapevolezza dell’importanza e il fascino di specialità mediche come l'Anestesia e rianimazione. Siaarti ritiene fondamentale sensibilizzare i giovani sulla necessità di coltivare una vocazione verso queste specializzazioni, cruciali per il sistema sanitario e per la gestione delle emergenze ad alta complessità.
"Siamo pronti a offrire il nostro contributo nell'ambito dell'orientamento scolastico - afferma Elena Bignami, presidente Siaarti - affinché gli studenti possano maturare scelte più informate e motivate verso le professioni sanitarie, in particolare quelle dell'area critica". Accanto alle opportunità offerte dalla riforma, permangono tuttavia alcune preoccupazioni. La presidente Siaarti esprime dubbi sulla capacità delle università di garantire una didattica di qualità e un'adeguata formazione pratica con l'incremento degli studenti ammessi. "Numeri così elevati - osserva Bignami - rischiano di compromettere la qualità della didattica frontale e della formazione pratica nei tirocini, con possibili ripercussioni sul livello di preparazione dei futuri medici e specialisti. Non siamo convinti che questo nuovo assetto organizzativo possa realmente garantire un effettivo diritto allo studio e una formazione equa per tutti, soprattutto per la parte pratica".
A destare ulteriori timori è il combinato disposto tra questa riforma e le disposizioni del cosiddetto 'Decreto Calabria' e dei successivi provvedimenti, che consentono ai medici specializzandi, già dal secondo anno di corso, di partecipare ai concorsi per le assunzioni nelle aziende sanitarie. "Se non si pone un'adeguata attenzione alla qualità della formazione - avverte la presidente Siaarti - il rischio è che i giovani medici vedano ridotti non solo gli anni di formazione effettiva, ma anche la loro preparazione a causa del sovraffollamento e della necessità di entrare subito in mondo del lavoro caratterizzato dalla carenza di organico. Ciò - aggiunge - potrebbe avere ripercussioni negative sulla qualità dell'assistenza sanitaria, specialmente nelle discipline ad alta complessità come la nostra".
Siaarti ritiene che sia il momento di aprire una riflessione più ampia sulla durata del percorso formativo in Medicina e Chirurgia e sulla specializzazione. "Potremmo immaginare un corso di laurea in Medicina ridotto a 4 anni, con un percorso di specializzazione della durata di altri 4 anni: i primi 2 senza possibilità di assunzione e gli ultimi 2 con una crescente autonomia professionale - suggerisce Bignami - Questa potrebbe essere una strada per garantire una formazione più mirata e di qualità, evitando il rischio di medici formati in tempi ridotti ma con competenze non adeguate".
Siaarti auspica che i decreti legislativi attuativi della riforma tengano conto di queste criticità e si rende disponibile a un confronto costruttivo con le istituzioni per individuare soluzioni che possano coniugare l'aumento dell'accesso con la necessaria garanzia di qualità formativa.
Gaza, 18 mar. (Adnkronos/Afp) - Hamas ha dichiarato di attribuire la responsabilità dei nuovi raid aerei a Gaza al "supporto politico e militare illimitato" dell'amministrazione statunitense a Israele. "Con il suo illimitato sostegno politico e militare all'occupazione (Israele), Washington ha la piena responsabilità dei massacri e dell'uccisione di donne e bambini a Gaza", ha affermato Hamas in una dichiarazione.
Roma, 18 mar (Adnkronos) - Intesa trovata nel Pd sul testo della mozione che i dem si apprestano a presentare in occasione delle comunicazioni della premier Meloni in Parlamento in vista del Consiglio Ue. Nel documento, che ora viene sottoposto all'Assemblea dei Gruppi dem, sono confermate le critiche al piano ReArm Eu con un via libera al 'Libro bianco sulla difesa'. Nessun riferimento esplicito a un no al piano di Difesa Ue, invece.
Caltanissetta, 18 mar. (Adnkronos) - E’ ripreso all’aula bunker del carcere Malaspina di Caltanissetta la deposizione del pentito Pietro Riggio, sentito come teste assistito, nel processo a carico di due ex generali dei carabinieri in pensione accusati del reato di depistaggio. Alla sbarra ci sono gli ufficiali Angiolo Pellegrini, 82 anni, storico collaboratore del giudice Giovanni Falcone, e Alberto Tersigni, 63 anni, entrambi per anni in forza alla Dia. Secondo la procura di Caltanissetta, rappresentata oggi in aula da pm Pasquale Pacifico, gli ufficiali avrebbero ostacolato le indagini della Procura a riscontro delle dichiarazioni del pentito Pietro Riggio, ex agente della polizia penitenziaria poi arrestato con l’accusa di essere legato clan mafiosi. Secondo l’accusa, non avrebbero dato il giusto peso alle rivelazioni di Riggio che avrebbero potuto portare alla cattura dell’allora latitante Bernardo Provenzano e a quelle relative a un progetto di attentato all’ex giudice del pool antimafia Leonardo Guarnotta.
Alla sbarra anche l’ex poliziotto Giovanni Peluso, imputato di concorso esterno in associazione mafiosa. Secondo la Procura avrebbe agevolato Cosa Nostra favorendo la latitanza del boss corleonese. Già nella scorsa udienza Riggio aveva deposto per diverse ore.