Con il voto al Senato di mercoledì la lista sale a quota 19, ma a breve se e prevedono di nuove
Per capire come funziona il gioco, bisogna fare un passo indietro di dieci anni. È il 12 maggio 2000. Nell’aula del processo Sme–Ariosto, l’avvocato Filippo Dinacci, che difende Silvio Berlusconi insieme con Gaetano Pecorella e Niccolò Ghedini, chiede al Tribunale di Milano di cestinare gli atti giunti per rogatoria dall’estero. Secondo il legale i documenti sono inutilizzabili perché "manca il numero di pagina", oppure perché si tratta di "fotocopie semplici" senza "specifica certificazione di conformità".
I giudici, alla luce dei trattati internazionali e della prassi, respingono l’istanza. Ma il 3 agosto 2001, appena vinte le elezioni, tre parlamentari forzisti presentano un emendamento alla ratifica della convenzione italo-svizzera sulle rogatorie, modificando il codice di procedura sulla falsariga dell’eccezione presentata da Dinacci. La nuova legge viene approvata a tappe forzate il 3 ottobre 2001. Il risultato, poi vanificato dalle interpretazioni dei tribunali e della Corte di cassazione, è sulla carta terrificante: assieme a quelle che riguardano il Cavaliere sono da rifare circa 7 mila richieste di assistenza internazionale.
Contro la legge sulle rogatorie protestano un po’ tutti. L’Economist parla di "interessi personali" del Cavaliere. Il Los Angeles Times lo accusa di "favorire i terroristi". Il magistrato svizzero Bertrand Bertossa definisce addirittura la legge "una catastrofe". Ma a dire con chiarezza come stanno le cose è l’ex ministro Giuliano Ferrara, che su Il Foglio scrive: "C’è un interesse a proteggere il presidente del Consiglio dietro la grinta con cui la maggioranza si è battuta per far passare questo testo? Sì. C’è un interesse politico. Altro che cavilli".
È in quel momento che la pratica delle leggi ad personam, peraltro inaugurata da Berlusconi già nel 1994 e portata avanti pure con il generoso contributo del centrosinistra, viene compiutamente teorizzata. Le norme su misura, ritagliate addosso al Cavaliere o alle sue aziende, si moltiplicano. E non riguardano solo il codice penale. Tanto che oggi è pressoché impossibile, nello spazio di un articolo, ricordarle ed elencarle tutte.
La maggior parte degli osservatori concorda però nel dire che, a partire dal 2001, sono state almeno 19 (compreso il processo breve già votato al Senato). E che potrebbero presto salire a 20, 21 o addirittura 22 se verranno approvati una serie di disegni di legge ideati per essere tirati fuori in caso di bisogno. Già pronta è infatti la "norma ponte" sul legittimo impedimento del premier per tutta la durata del suo mandato. Una legge decisamente incostituzionale, ma indispensabile per prendere tempo in attesa della riedizione, questa volta nelle vesti di norma costituzionale, del Lodo Alfano, già bocciato dalla Consulta, o della reintroduzione dell’immunità parlamentare assoluta.
Inoltre nelle pieghe della riforma del codice di procedura penale ci sono pure due articoli che tolgono il valore di prova alle sentenze passate in giudicato e obbligano i tribunali ad ascoltare tutti i testimoni richiesti dalla difesa. Norme utili per allungare a dismisura il processo per la corruzione di David Mills, nel caso in cui la Cassazione il prossimo 25 febbraio confermasse la sua condanna.
Per raccontare quello che è già stato fatto bisogna invece partire dall’estate del ‘94, quando Berlusconi firma il cosiddetto decreto salva-ladri, poi ritirato a furor di popolo. Corrotti e corruttori escono o non vanno più in carcere. In questo modo evitano (momentaneamente) l’arresto per le tangenti alla Guardia di finanza, Paolo Berlusconi e il direttore dei servizi fiscali Fininvest, Salvatore Sciascia. Quasi contemporamente il Cavaliere utilizza la prima legge Tremonti, sulla detassazione degli utili reinvestiti, per non pagare le tasse sull’acquisto di pacchetti di film.
Due anni dopo, però, il regalo più grosso a Mediaset lo fa l’Ulivo con la legge Maccanico che, in spregio a una sentenza della Corte costituzionale, evita a Rete4 di trasmettere solo dal satellite. Altro regalo del centrosinistra è poi la norma sulla incompatibilità tra gip e gup che, di fatto, permetterà a Berlusconi di strappare la prescrizione nell’indagine sulla corruzione delle toghe del caso Mondadori.
Ma il peggio, ovviamente, avviene con il Cavaliere al governo. Tra il 2001 e il 2006 la fucina delle leggi ad personam lavora a pieno ritmo. Immediatamente viene riformato e, di fatto, depenalizzato il falso in bilancio. Berlusconi ottiene così la prescrizione in due processi, mentre in un terzo viene assolto con la formula "perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato". Poi fa un regalo ai figli. Con la Tremonti bis abolisce completamente la tassa di successione. Quindi si torna al penale con la legge Cirami del 2002. Il provvedimento dovrebbe servire per far spostare per legittimo sospetto i processi toghe sporche da Milano a Brescia. Ma si rivela inutile.
Utilissimi sono invece il decreto salva calcio, in virtù del quale anche il Milan “spalmerà” sui bilanci di dieci anni (con importanti benefici fiscali) la svalutazione dei suoi giocatori, e il condono fiscale del 2003, utilizzato pure dalle aziende del premier, sebbene Berlusconi pubblicamente avesse garantito il contrario. Il vero problema resta però sempre quello dei giudici. Così nel 2003 ecco il Lodo Schifani, poi bocciato dalla Consulta, che rende Berlusconi improcessabile per tutta la durata del mandato.
E, nel 2005, la devastante legge ex Cirielli, che, dimezzando i tempi di prescrizione, manda subito in prescrizione 35 mila processi, e cancella un pezzo importante dei capi d’imputazione contestati al premier nell’indagine sui fondi neri creati da Mediaset. Inoltre la norma porta il caso Mills a un passo dal de profundis. Sempre nel campo penale la legge Pecorella, nel 2006, abolisce il processo d’appello quando l’imputato è stato assolto o prescritto (è il caso Berlusconi nel processo Sme-Arioso).
La Corte costituzionale, visto che il ricorso in appello è invece consentito agli imputati condannati in primo grado, cancella però tutto. In vigore restano invece la legge Gasparri, che favorisce Mediaset e salva Rete4, e la legge Frattini sul conflitto d’interessi. Una norma che permetterà al premier di partecipare al varo di altri provvedimenti che riguardano le sue aziende, i suoi familiari, o suoi i concorrenti. È il caso, ma sono solo degli esempi tra i tanti, degli incentivi ai decoder tv del 2003, commercializzati da Paolo Berlusconi, o del raddoppio dell’Iva versata da Sky, decisa nel 2009.
Da il Fatto Quotidiano del 22 gennaio