La condizione in cui versa il Pd ci fa arrabbiare come si fa con gli amici che non riconosci più, con chi rischia di sperperare l’ultimo gruzzolo di speranza. Perché se il maggior partito d’opposizione non ne azzecca una, addio opposizione, e forse anche addio partito. Con questo andazzo di errori politici (Vendola) e di catastrofi a sfondo sessuale (Marrazzo, Delbono) sarà difficile non morire berlusconiani, caro Bersani che dai cartelloni vagheggi sorridendo l’alternativa. Poiché questo è il Pd che abbiamo, e non ci resta molto altro vorremmo recitare un ultimo atto di fede. Pochi consigli non richiesti, sicuri di non essere ascoltati ma per metterci almeno la coscienza in pace.

Primo. Il caso Vendola insegna che giochini e contorcimenti vari per scansare le primarie sono una dannosa perdita di tempo. Tanto vale arrivarci subito. E quindi ci aspettiamo che siano, al più presto, indette le primarie in tutte le regioni dove concorrono più candidature. Dall’Umbria alla Campania, alla Calabria. Si eviteranno veleni e risse indecorose. E poi, i 200 mila della Puglia dimostrano che le primarie riscaldano il cuore degli elettori, il che non guasta visto l’encefalogramma dei democratici.

Secondo. Considerata la frequenza con cui sindaci e presidenti di regione si fanno trovare in situazioni, per così, dire piccanti, sarebbe il caso di pretendere dai candidati dichiarazioni giurate sull’esistenza di eventuali scheletri (video, foto, carte di credito compromettenti ) nell’armadio. Tanto, poi, esce tutto. E, se esce sarebbe auspicabile piantarla lì con il grottesco balletto sull’”io non mi dimetto”, quando si sa che, poi, si dimettono eccome.

Terzo. E’ così folle pensare che il Pd dovrebbe affidarsi a candidati competenti, degni di stima? Invece che ai soliti volponi, esperti nell’arte del maneggio politico e degli accordi sottobanco? Perdere per perdere, non è meglio a testa alta?

da il Fatto Quotidiano del 26 gennaio

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