L’occhio di Monicelli sugli ultimi sexy-gate: su questa politica girerei un film, una farsa senza sconti
I soliti ignoti occupano le prime pagine, l’Armata Brancaleone abita nel Pd e i compagni, stavolta, al posto delle bandiere agitano le lenzuola. Mario Monicelli, 95 anni a maggio. Pessimismo, ironia, disincanto. Lo chiamano. “Mario guarda che si fredda il pranzo”. “Arrivo, arrivo” e intanto parla, rampogna, ammonisce. “Nel passaggio dai partiti storici al liderismo, si scoprono guêpière, altarini sentimentali, privato che si mischia col pubblico e l’impressione, me lo lasci dire è desolante e al tempo stesso antica”.
Monicelli, la politica italiana sembra essersi smarrita in un vortice di dossier in minigonna.
Di faccende come quella di Delbono sono a conoscenza fin da bambino. Iniziarono in Francia. Mi ricordo che negli anni Trenta, la politica locale venne scossa da una serie di scandali in cui erano coinvolti addirittura i presidenti della Repubblica. Il teatro del tempo e la pochade edificavano i copioni sulla politica deteriore e sull’affarismo. Come vede, non è cambiato nulla.
Il potere non può fare a meno dell’evasione?
Il potere profitta del suo dominio per debordare nel sesso, nella corruzione, nelle perversioni e in cima ai desideri, c’è sempre quell’esigenza. Una volta le scappatelle erano più nascoste, oggi escono dal silenzio per trovare posto sulle prime pagine. Non è detto sia un male, tanto più se qualcuno sente ancora l’esigenza di dimettersi per conservare un minimo di bene pubblico. Poco, intendiamoci, il minimo sindacale di dignità.
Come siamo arrivati fin qui?
La crisi morale parte da lontano. L’occidente sta andando in rovina, trasformandosi in una roccaforte di sopraffazione e di difesa del suo stato sociale, politico economico.
Le vittime.
Tutti quelli che non sono funzionali al percorso. Chi detiene lo scettro è pronto a qualsiasi delitto pur di non perdere la posizione. Ammazza, affoga, uccide chi cerca di entrare da noi per vivere un po’ meglio.
Un occidente fagocitato dalle sue stesse contraddizioni.
Noi eravamo più poveri. C’è stata una lotta durata settant’anni tra il lavoro e il capitale. Ha vinto il secondo e i risultati sono qui.
Può descriverli?
Livelli di vita strepitosi, noia, tracotanza, globalizzazione, consumismo. E’ stato sconfitto il mondo del lavoro e la legge del mercato, si sa, è la più spietata.
Negli anni Cinquanta, Guido Morselli scrisse Il Comunista, storia di un deputato catapultato dalla provincia per essere stretto tra il bigottismo di partito e i desideri.
Tempi diversi. Oggi la superiorità morale è un ricordo lontano e un certo atteggiamento petroniano, si ritorce contro chi lo agita come un fantasma da addebitare esclusivamente a una sola parte. Si chiama contrappasso, per essere chiari.
Di chi è la colpa?
Non saprei. Un tempo c’erano i partiti a indirizzare gli uomini, a controllarne vizi e deviazioni. Ma le personalità erano di un altro pianeta. Nenni dormiva su una brandina in ufficio, e poi Morandi, Berlinguer, Togliatti stesso. Qualità, moralità nei costumi e visione. Oggi chi c’è? Sa qual è la verità?
Dica.
Che hanno perso proprio perché hanno frenato la deriva edonistica. Il Pci inizia ad arretrare proprio quando Berlinguer di fronte alla corruzione, diceva ‘stiamone lontani’. Su quella linea di intransigenza, la gente non li ha seguiti e i risultati, sono sotto gli occhi di tutti.
Lei ha raccontato, senza indulgenza e per mezzo secolo, i vizi nazionali. Che film girerebbe per raccontare questa sinistra impegnata a rincorrere gonne o notti proibite?
Un film durissimo. Una farsa senza sconti. La farsa è il tipo di racconto meno accomodante che esista.
Attori?
Buster Keaton o Totò. Nel rappresentare il livello di questa classe politica, non voglio far piangere. Per disperarsi, i motivi, comunque, non mancherebbero.
Se il nostro quotidiano pare diventato la brutta copia di un reality, la colpa è della sola politica?
Limitarsi alla sinistra o alla classe politica, sarebbe riduttivo. Qui il problema è della classe dirigente, tutti persi e in fila, verso una vergognosa curruzione. Faccio l’elenco?
Proceda.
Baroni della medicina che riempiono gli ospedali di parenti, amanti, figli dei figli. Il nepotismo in cattedra ma dappertutto. Nell’istruzione, nell’università, nel pubblico impiego. Siamo nelle mani del più massiccio degrado morale degli ultimi cinquant’anni e i facili costumi, le signorine o i transessuali, sono solo la conseguenza del nostro presente.
Resurrezioni in vista?
Scherza? E’ da almeno due generazioni che l’Italia è nell’abisso.
Solo l’Italia?
Ovviamente no. Per dinamiche sociali o cambiamenti epocali, arriviamo sempre all’ultimo posto.
In America, davanti a un caso come quello di Delbono, come si sarebbero comportati?
A seconda delle convenienze. Lì se tocchi la cosa pubblica, come fece Nixon, paghi immediatamente, se invece ti limiti a dar fondo, in luoghi istituzionali, alle tue fantasie, come Clinton con la Lewinsky nello studio ovale, può anche andarti bene. Clinton ha realizzato due mandati e non ha mai davvero pensato di dimettersi, non so se mi spiego.
Cosa ha spinto Marrazzo ad autoeliminarsi in una sordida storia di ricatti e appartamenti simili ad alveari?
Mai riuscito a capirlo fino in fondo. Credo sia solo la pulsione sessuale, ma credo l’avesse anche prima di diventare presidente della regione. Però non facciamo i moralisti.
Si spieghi.
Alla fine i peggiori sono quelli che utilizzano la propria posizione per arricchirsi. Da noi ci occupiamo del sesso perché fa ridere e vendere copie.
Ce ne occupiamo solo per questo?
Anche e comunque, una volta scoperti, nel passato, la regola era togliersi di torno. Prenda Delbono, alla fine rimane una sordida storia di vacanzette ai Caraibi, bancomat, tradimenti. Lui ha fatto bene a dimettersi, però il solo fatto che ci faccia effetto le dà la cifra del punto a cui siamo giunti.
Altri sembrano indifferenti.
Ma lo fanno tutti o almeno tutti, sarebbero disposti a farlo. Nulla li scuote, neanche la pubblica riprovazione. Alcuni, prenda Marrazzo, si chiudono in convento, altri negano, altri ancora se ne fregano. E’l’immoralità che si propaga, come un virus.
Ai suoi tempi, i politici stavano più attenti. Per alcuni giudizi durissimi su Gronchi, lei fu querelato.
E andai in tribunale. Un’altra epoca. Mica mi vorrà rispedire davanti a un giudice?.
Da il Fatto Quotidiano del 27 gennaio