Un comitato d’affari padrone delle grandi opere pubbliche Con Bertolaso nel ruolo di "paravento" d’ordinanza

Dimenticate la brasiliana bionda e l’italiana rossa, la trentenne Monica e la quarantenne Francesca. Riponete in frigo lo champagne e la frutta dei festini di Guidao Meravigliao, la storia che emerge dai venti faldoni dell’indagine del Ros dei Carabinieri non ha niente a che vedere con questa spruzzata di ragazze e massaggi che sta riempendo le pagine dei giornali da una settimana. L’inchiesta coordinata dalla Procura di Firenze è la fotografia più nitida, spietata e – va detto – anche bipartisan, del grande comitato di affari che si è impadronito delle pubbliche opere in Italia negli ultimi tre anni. C’è anche l’ombra della massoneria e della mafia. Bertolaso fa in questa storia la figura del grande paravento. La sua immagine affidabile ed efficiente si sta rivelando sempre di più funzionale a coprire un grumo di interessi economici che probabilmente era la vera ragione dell’appoggio di chi lo sostiene oggi a spada tratta. Probabilmente Bertolaso si è talmente immedesimato nella parte da credere davvero di essere il leader della Protezione civile Spa, al punto da permettersi atteggiamenti arroganti imperdonabili. I Carabinieri allegano anche un’intercettazione del 12 marzo 2009, pochi giorni prima del sisma che ha distrutto L’Aquila. Al dirigente della Protezione Civile, Fabrizio Curcio, che gli riporta l’allarme lanciato dal ricercatore Giampaolo Giuliani: “ma chi è questo? Non è la prima volta che succede! Io lo denuncio per procurato allarme e viene massacrato. Quello è un coglione. Va be’, quello lo sappiamo che un coglione. Quindi fai fare all’Ingv (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia) che quello lì domani verrà denunciato per procurato allarme e con lui gli organi di stampa che riportano queste notizie che sono notoriamente false”.

Oggi Giuliani a Il Fatto replica: “io ho corso su e giù per l’Abruzzo perché volevo salvare le vite e lui diceva queste cose su di me”. A parte questa nota di colore su Bertolaso, l’inchiesta si basa su fatti molto più solidi e su migliaia di intercettazioni telefonicheche svelano i meccanismi dell’assalto alla diligenza delle opere pubbliche da parte delle lobby composte di camorristi, imprenditori e politici. I nomi che appaiono nelle intercettazioni sono di primo piano: il ministro delle infrastrutture Altero Matteoli, il coordinatore del Pdl Denis Verdini, il fratello del premier Paolo Berlusconi, il presidente della provincia di Napoli Luigi Cesaro e poi ancora anche i nomi degli ex leader del centrosinistra dell’era Prodi.  Paolo Berlusconi è intercettato mentre parla con Angelo Balducci, poi arrestato. E il capo dei cantieri delle strutture del G8 alla Maddalena si lamenta di avere dovuto accettare l’impresa Facchini, che non apprezza, perché è raccomandata da Berlusconi. Ma il vero protagonista del sistema dei lavori pubblici del Pdl è Denis Verdini. Organizza incontri nella sede del Pdl con un altro esemplare di imprenditore-politico come lui, l’eurodeputato Pdl Vito Bonsignore. Verdini teorizza la figura del “polimprenditore”.

Al telefono si vanta di non avere accettato il ministero dell’ambiente, che pure gli era stato offerto da Berlusconi, per avere le mani libere negli affari. Ed effettivamente il banchiere prestato alla politica (è presidente del Credito Cooperativo Fiorentino) sembra più a suo agio quando si parla di società e crediti piuttosto che di strategie. Il politico-lobbista dà il meglio di sé in tandm con l’amico (anche lui imprenditore-onorevole del Pdl) Rocco Giralda, più noto come editore del Giornale dell’Umbria e presidente della Fondazione Italia-Usa.  Giralda è stato fino a pochi anni fa consigliere di amministrazione del cementificio Baretti e punta a ottenere dal più grande gruppo di costruzioni fiorentino, la Btp, una fornitura di calcestruzzi da 40 milioni di euro: quella per costruire l’autostrada del Quadrilatero che unirà Marche e Umbria. Fusi, che nel frattempo sta cercando di vincere una grossa gara nella quale spera di essere appoggiato da Verdini e compagni, però temporeggia . Dopo l’ennesima telefonata a vuoto, Giralda fa scendere in campo Verdini: “Riccardo, sono qui con Rocco che mi domanda: c’è qualche problema lì? Li avete risolti i problemi o no?”. Fusi si mette sull’attenti e balbetta: “no… allora… detto… ascolta me… allora… io venerdì vado giù”. E Verdini, tronfio, rivolgendosi a Girlanda con il tono di chi dice: vedi come fa il bravo? dice a voce alta: “venerdì viene giù, ora te lo passo”. Fusi parte docile: “io quando ti do una parola, è un contratto”. E Fusi: “Riccardo, io sono andato da Denis dicendo ‘dobbiamo sistemare una cosa’ e quindi la posso legare dalla parte mia solo in quel rapporto”.  A quel punto Fusi capisce che la cosa si fa delicata e si infuria e chiude subito arrabbiato dicendo: “ma che dici? Io partecipo alla gara e poi non vi devo niente, ciao”. E anche Denis Verdini richiama apposta per dire che la gara che interessa a Fusi e il calcestruzzo che interessa a Girlanda: “sono cose distinte e separate”. E chi aveva mai dubitato del contrario.


 
Da il Fatto Quotidiano del 16 febbraio

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