Mazzette, favori sessuali, ma anche l’ombra lunga della mafia. L’inchiesta sul business del vento in Sardegna mostra sempre di più tratti comuni con il “sistema gelatinoso” messo in atto dalla cricca dei Grandi eventi. E a preoccupare gli inquirenti è soprattutto il fatto che in questo caso lo scambio di cortesie coinvolgerebbero anche la magistratura e alti funzionari del ministero della Giustizia. Spunta a sorpresa l’intercettazione di una telefonata tra Carboni e l’imprenditore napoletano Arcangelo Martino (lo stesso che presentò Letizia, il papà di Noemi, a Berlusconi) nella quale si parla senza mezzi termini della necessità di ammorbidire le resistenze di alcuni magistrati sardi che avrebbero potuto creare problemi con gli appalti eolici. In che modo? Invitando ragazze disponibili a un convegno svoltosi a Santa Margherita di Pula, negli scorsi mesi. Un metodo adottato con successo dal costruttore Anemone.
Intanto spuntano nuove tangenti che sembrano destinate a costruttori romani. Agli 800 mila euro, in assegni circolari di piccolo taglio, rintracciati da procura di Roma presso il Credito cooperativo fiorentino, se ne aggiungerebbero altri (sempre riferibili a conti nella disponibilità di Flavio Carboni) presso una banca di Iglesias. Anche in questo caso gli assegni non superano i ventimila euro – in modo da sfuggire ai controlli della Gdf su capitali di provenienza illegale – e riconducono ai due collaboratori di Carboni già protagonisti dell’acquisto di azioni del Giornale Toscano. Tuttavia non si esclude che possa trattarsi di denaro, “accantonato” dallo stesso Carboni nel corso della trattativa sugli appalti eolici in Sardegna, che l’imprenditore sardo intendeva reinvestire in residence o villaggi vacanze.
Ma in quest’inchiesta, condotta nella massima riservatezza dal procuratore della dda Giancarlo Capaldo e dai pm Rodolfo Sabelli e Ilaria Calò, ci sono anche tracce di interessi mafiosi. Il che giustifica l’interesse del procuratore nazionale Piero Grasso che da qualche giorno coordina le varie inchieste aperte anche in Sicilia, Campania e Calabria sempre sul business dell’eolico. Gli inquirenti romani hanno ipotizzato, oltre a quello di corruzione, anche i reati di associazione per delinquere e riciclaggio. La pista mafiosa nasce dal coinvolgimento di Luigi Franzinelli, amico di Flavio Carboni, il cui nome ricorre sia in inchieste romane che siciliane. Franzinelli, nativo di Trento, risulta condannato a Palermo: due anni per corruzione aggravata dall’aver favorito imprese legate a Cosa Nostra.
Un processo, che ha visto sul banco degli imputati imprenditori vicini al boss Matteo Messina Denaro interessati alla realizzazione di un parco eolico a Mazara del Vallo. Il processo ha portato anche alla condanna di Giovan Battista Agate, fratello di Mariano. Quest’ultimo era il primo nella lista dei quattrocento imputati del maxi-processo istruito da Giovanni Falcone. Franzinelli avrebbe già ottenuto in Sardegna il permesso di costruire il parco eolico di Ulassai. Ma la Direzione nazionale antimafia sta controllando le cointeressenze in Sardegna di imprese coinvolte in un’inchiesta della procura di Paola sulla realizzazione del Parco del vento a Isola di Capo Rizzuto, da costruire su terreni del boss Arena. In ballo c’è una tangente da due milioni e 400 mila euro.