Le rivoluzioni sudamericane del XXI secolo corrono su Twitter, dove Hugo Chávez (Venezuela) incontra Fìdel e Raul Castro (Cuba) ed Evo Morales (Bolivia). Continua a fare rumore sulla stampa latina la conversione di Chávez che, fino a qualche tempo fa, bollava Twitter come il male assoluto. Ora, dopo essersi iscritto ed essersi creato il proprio profilo, il leader venezuelano invita i “compagni presidenti” a usare la rete sociale per portare avanti “la battaglia ideologica contro i nemici comuni”. Lo “sbarco” su Twitter di Chávez risale al 27 aprile: in poco più di tre giorni, aveva raggiunto e superato i 120 mila “followers”. “Mi scrivono da tutto il mondo, anche dalla Russia”, aveva raccontato con orgoglio ai Castro e a Morales, sollecitandoli a condurre insieme la battaglia ideologica sul sito di microblogging, sotto il motto “rivoluzione in tutti gli spazi”. Nato per il gossip fra adolescenti, affermatosi come balsamo all’egocentrismo di molti pseudo “digital native” – in realtà, “matusa” mascherati -, Twitter s’è conquistato fama politica con l’onda verde iraniana: i suoi messaggi brevi e concisi hanno messo in scacco, un anno fa, l’informazione ufficiale del regime degli ayatollah. Agile, rapido, Twitter arriva subito e, di utente in utente, rimbalza dovunque. Certo, la verifica delle notizie è problematica. Ma questo non spaventa Chávez: le rivoluzioni latine (e non solo quelle) si sono sempre nutrite di qualche esagerazione.
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Chavez e i social network bolivariani
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