Sgombriamo subito il campo da un equivoco: per ora non è possibile nella UE, per uno stato o per una regione, dichiararsi completamente Ogm-free, vietare cioè qualsiasi tipo di coltivazione transgenica. Non si può. È contro le leggi. Quali? Quelle europee! Nell’Unione Europea vige il principio di coesistenza: l’agricoltura transgenica, quella convenzionale e quella biologica devono poter coesistere, e non è possibile (violerebbe i principi di libertà economica e di scelta degli agricoltori) dichiarare illegale, in modo generalizzato, una tipologia di coltivazione. Come ha ricordato la Consulta con la sentenza n. 116 del 2006, non è più discutibile il principio comunitario, ormai recepito nell’ordinamento nazionale, “costituito dalla facoltà di impiego di Ogm in agricoltura, purché autorizzati”.
Nel 2003 il Land dell’Austria Superiore ha notificato alla UE un progetto di legge per dichiararsi completamente Ogm-free e la Commissione Europea ha bocciato il progetto in quanto contrastava con la direttiva comunitaria di armonizzazione degli Ogm nell’Unione Europea, nella fattispecie la direttiva 2001/18/CE, che prevede una valutazione caso per caso. L’Austria è ricorsa in appello ma ha perso. Insomma, l’Ogm-free generalizzato è illegittimo. A oggi tutte le di dichiarazioni di regioni e comuni italiani di essere Ogm-free sono totalmente prive di valore giuridico (esiste una sola curiosa eccezione in Europa, ma ne parleremo un’altra volta).
Punto secondo: le autorizzazioni alla coltivazione e all’immissione sul mercato di OGM competono esclusivamente alle istituzioni europee, previo parere dell’EFSA, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare. Il mais in questione, chiamato MON810 (con un centinaio di varietà diverse iscritte al registro europeo delle sementi), è stato regolarmente autorizzato, e quindi è considerato sicuro sia per l’ambiente che per la salute umana, e la sua autorizzazione è valida in ogni paese dell’Unione. È opportuno anche ricordare che questo mais permette una riduzione dell’uso di insetticidi, essendo stato reso resistente alla piralide, un insetto dannoso per il mais e che viene combattuto normalmente con degli insetticidi. La riduzione d’uso di insetticidi non è solo una possibilità teorica: è stata verificata sul campo più e più volte. Chiunque abbia a cuore l’ambiente dovrebbe gioire per l’uso di colture con un impatto ambientale minore, non avversarle.
È possibile, per un paese membro, vietare temporaneamente la coltivazione di uno specifico Ogm già autorizzato appellandosi alla cosiddetta “clausola di salvaguardia”, prevista dalla legislazione europea. Tuttavia non è sufficiente richiamare genericamente il “principio di precauzione” ma si devono fornire nuove prove scientifiche di rischi, documentate, per la salute umana o per l’ambiente che possano giustificare l’introduzione di un divieto per uno specifico Ogm. Prove che il Ministero dell’Agricoltura non ha mai fornito. L’Italia infatti non ha fatto ricorso, a differenza di altri stati europei, alla clausola di salvaguardia. Né per il mais né per la patata Amflora.
Come afferma la sentenza del Consiglio di Stato del 18 Gennaio 2010: “il richiamo al principio di precauzione, a sostegno dell’impossibilità per l’Amministrazione di istruire e concludere i procedimenti autorizzativi, si palesa nella specie inconferente, non avendo l’Amministrazione indicato specifici studi scientifici ai quali potrebbe essere eventualmente ricondotto un rischio per la salute umana, o altri beni o diritti fondamentali, derivante dalla conclusione positiva dei medesimi procedimenti”.
La normativa europea, una volta approvato un Ogm a livello comunitario, esclude che si possa vietare, su base locale, in base a considerazioni che non siano di tipo scientifico relative alla salute umana e all’ambiente. Ecco perché il Consiglio di Stato ha dato torto al ministero dell’Agricoltura, che per negare l’autorizzazione alla coltivazione del mais MON810 si è appellato alla mancanza di norme sulla coesistenza, un aspetto cioè di tipo economico: “considerati i profili prettamente economici che devono essere regolamentati dai piani di coesistenza, e considerato che a tali piani sono estranei i profili ambientali e sanitari, e il principio comunitario della coltivabilità degli Ogm se autorizzati, il rilascio dell’autorizzazione alla coltivazione non può essere condizionato alla previa adozione dei piani di coesistenza.”
Il decreto ministeriale contro cui si battono gli agricoltori “disobbedienti” che hanno seminato il mais Ogm è composto da un unico articolo che recita “La richiesta di messa in coltura di ibridi di mais geneticamente modificati, contenente l’evento MON810, formulata dall’Azienda Dalla Libera Silvano con nota del 14/08/2006 è respinta”.
Un decreto ad personam (o meglio contra personam) che non soddisfa nessuna delle condizioni previste dalla normativa europea per impedire la coltivazione di un Ogm già autorizzato in sede europea. Fa invece riferimento, per negare l’autorizzazione, ad aspetti di coesistenza, che come già ricordato nella sentenza del consiglio di stato, non costituiscono un motivo valido per vietare l’autorizzazione. In più il decreto non è stato inoltrato alla Commissione Europea, forse per evitare una bocciatura immediata, e una figuraccia, visto che è palesemente in contrasto con la normativa europea.
Ora il ginepraio legale è questo: il decreto “ad personam” ha negato l’autorizzazione all’azienda di Silvano Dalla Libera, ma non a Giorgio Fidenato che, forte della sentenza del Consiglio di Stato, ritiene in suo diritto seminare un mais già regolarmente approvato nell’Unione Europea. Vedremo come evolverà la faccenda nei prossimi mesi. La Commissione Europea presenterà una nuova proposta di regolamentazione degli Ogm nei prossimi mesi che potrà cambiare la cornice giuridica, ma per ora le regole sono queste.
Una cosa è certa: chi parla di legalità dovrebbe, quanto meno, conoscere le leggi. Quelle dell’Europa di cui, volenti o nolenti, facciamo parte e siamo tenuti a rispettare, anche se non piacciono. E’ triste constatare che a parole sono tutti europeisti e paladini della legalità, salvo poi scoprire a posteriori (sia che si tratti di frittura di pesciolini, di età pensionabile per le donne o di Ogm) che le regole che ci sono (e che sono decise a Bruxelles spesso nella totale assenza di rappresentanti italiani) non ci piacciono. Troppo comodo così.