Ad una prima occhiata l’iPad è un oggetto ammaliante. Dalle dimensioni giuste per essere portato dappertutto ma con prestazioni, velocità, luminosità, usabilità di una device che se non è rivoluzionaria, appare di certo innovativa. Con iPad si possono guardare film e ascoltare musica, guardare YouTube e navigare sul web. Conferma la filosofia Apple già sperimentata con l’iPhone: non è la casa produttrice ad imporre un pacchetto di utility al cliente; è l’utente invece a personalizzare il suo gadget scegliendo tra migliaia e migliaia di applicazioni. Alla tavoletta non mancano i difetti: “è un sistema chiuso” dicono i fan del software libero; mancano porte Usb, multitasking, la possibilità di telefonare, dicono altri utenti. Ma c’è un altro punto importante, per ora ancora interrogativo: il tablet nasce soprattutto come lettore elettronico di libri digitali, di giornali e riviste trasformati in bit. Da questo punto di vista l’esperienza della lettura è gratificante: si può leggere, ingrandire, spostare. Alcuni quotidiani ne hanno già sfruttato le potenzialità: un articolo su un gruppo musicale, per esempio, è accompagnato sulla versione cartacea del giornale da una foto, nell’applicazione da un video con il brano più popolare della band. Leggendo un eBook non si può fare copia/incolla, ma si possono salvare citazioni in un’apposita cartella. A Natale si capirà se il mercato dell’eBook, grazie a questo tablet e ad altri in arrivo sul mercato (ne hanno annunciato uno Google e uno Sony) esploderà. Intanto si cerca di capire se grazie alla nuova tavoletta l’accresciuto accesso a conoscenza, notizie, immagini, informazioni, ha realmente fatto un passo in avanti che presto diventerà di massa; o se il nuovo tablet non ha mercato, è poco più di un gadget fighetto: molto meglio computer portatili con tastiera e maggiore potenza di calcolo. Per fare una valutazione oggettiva, però, bisogna aspettare l’applicazione per iPad del Fatto Quotidiano. Arriverà a breve. Poi si potrà scegliere: iPad, rivoluzione o buco nell’acqua?
Da L’Antefatto del 28 maggio 2010