Società

E se parlassimo anche d’altro?

E se parlassimo anche d’altro? Con l’ovvia premessa: continuare a denunciare le miserie berlusconiane è un esercizio ripetitivo ma necessario, un’attività indispensabile per tentare di riequilibrare, almeno in parte, l’informazione italiana. Oltrettutto le accuse e lo sdegno, con la loro inclinazione a semplificare la realtà e a trasformarla nel regno del bianco e del nero, hanno un effetto rivitalizzante su chi si sente ormai troppo avvilito per reagire.

Però sarebbe utile cercare anche vie alternative, tentando di guardarsi intorno da altre angolazioni. Insistere a segnalare l’ipertrofico servilismo del Tg1 di Minzolini è doveroso ma ormai somiglia a un jingle. Forse si potrebbe dare meno rilievo alla Tv, pur pervasiva e invasiva, e concedere invece un po’ piu’ di spazio ad altre forme di intrattenimento nella speranza che acquistino piu’ peso.

Per esempio : perché arenarsi sempre su pigri discorsi di audience decretando che il cinema e il teatro interessano solo quattro gatti ? Perchè non dedicare invece a questi mezzi piu’ attenzione? Chi scrive in un passato remotissimo si è occupato di critica teatrale. Erano anni in cui sui quotidiani ogni debutto richiedeva una recensione immediata che suscitava echi e accese reazioni. Patetiche nostalgie da reduci? Assistendo l’altra settimana ai “ Demoni” di Dostoevskij allestiti da Peter Stein all’Hangar Bicocca di Milano la sensazione era diversa. Lo spettacolo durava dodici ore, dalle undici del mattino alle undici di sera. Esaurite tutte le repliche, pubblico avvinto e resistentissimo.

D’accordo, forse molti erano sorretti dal compiacimento di partecipare a un “ evento”, ma c’era anche altro che animava la robusta platea: il bisogno di un linguaggio diverso, alternativo a quello penosamente povero della tv. Forse non sarebbe masochismo da parte di editori e direttori dedicare piu’spazio al teatro. E ai libri. E al cinema. Il film di Luchetti “ La nostra vita” è piu’ efficace di qualunque programma televisivo nel denunciare la diffusa accettazione in Italia di comportamenti illegali e la regressione di tanti verso forme di socialità primitiva, arcaica, quasi animalesca.