Il neoministro del Pdl nel 1993, da dirigente Fininvest, confessa ai pm di aver pagato 300 milioni all'allora ministro della Sanità Francesco De Lorenzo
Ex prete di Trichiana (Belluno), venditore di spazi pubblicitari per Famiglia cristiana, negli anni Ottanta, svestita la tonaca, Brancher passa alla corte del Cavaliere. L’amicizia con Marcello Dell’Utri e la collaborazione con Fedele Confalonieri gli apre le porte di una folgorante carriera politica. Eppure i due interrogatori dell’estate 1993 tratteggiano una storia che ancora nessuno ha raccontato. Non i giornali, né tantomeno i tg che nel giorno della nomina si sono limitati solamente ad accennare a un suo generico “coinvolgimento” in Tangentopoli.
Nella primavera del 1993, invece, Brancher si ritrova a San Vittore, rinchiuso in cella assieme ad alcuni rapinatori. Finisce in carcere per aver pagato 300 milioni di lire all’allora ministro della Sanità Francesco De Lorenzo. Una delle tante mazzette intascate dal notabile del Partito liberale, coinvolto in nove processi di corruzione e condannato a 7 anni e 6 mesi per le tangenti alla sanità napoletana. Brancher, detto lo spretato, viene condannato a 2 anni e 8 mesi per finanziamento illecito ai partiti e falso in bilancio. In Cassazione, però, il primo reato cade in prescrizione, mentre il secondo viene depenalizzato dal secondo governo Berlusconi. Brancher, dunque, non è stato affatto assolto, come ha dichiarato. Un fatto che diventa politicamente rilevante se si rileggono le dichiarazioni di Berlusconi del 17 febbraio scorso: “Non credo ci siano dubbi sul fatto che chi sbaglia e commette dei reati non possa pretendere di restare in nessun movimento politico”. E’ il periodo in cui, tra Roma e Milano, deflagrano nuovi casi di corruzione: dalla “cricca” di Angelo Balducci alla tangente intascata per strada da M. P., consigliere Pdl e presidente della commissione urbanistica del comune di Milano. “Noi – prosegue il premioer – abbiamo deciso che le persone che sono sottoposte a indagini o processi in via di principio non debbano venire ricomprese nelle liste elettorali”. Giusto. Peccato che Aldo Brancher, oltre a confessare di aver pagato mazzette a un ministro, è attualmente imputato per ricettazione in uno stralcio del processo sulle scalate bancarie.
Andiamo allora a quel 3 giugno 1993. Davanti al gip di Milano Italo Ghitti, l’attuale ministro Brancher dichiara di voler rispondere alle domande. “Effettivamente – dice – ho versato la somma di 300 milioni di lire in due rate da 150 nelle mani di Giovanni Marone. La somma era destinata a De Lorenzo”. Giovanni Marone, ex segretario personale di De Lorenzo, è la gola profonda che dà fuoco alle polveri dello scandalo. Si tratta dell’ennesimo troncone di Tangentopoli. L’indagine ruota attorno agli spot anti-Aids diventati famosi per lo slogan “Se lo conosci lo eviti”. Il governo finanzia una campagna triennale, dal 1990 e al 1993, con un budget annuo di 40 miliardi di lire. Un tesoretto che fa gola alle tv del futuro premier. Racconta Marone: “La Fininvest mi fece pervenire per De Lorenzo la somma complessiva di 300 milioni che Brancher mi consegnò nei miei uffici romani di piazza Barberini”. Il segretario di De Lorenzo prosegue confermando “i rapporti di buona conoscenza tra i vertici Fininvest e il ministro De Lorenzo”. Dopodiché precisa: “Aldo Brancher e Valeria Licastro (allora segretaria romana di Fedele Confalonieri e oggi moglie dell’ex deputato di Forza Italia Antonio Martusciello, ndr), entrambi funzionari Fininvest, nell’approssimarsi delle decisioni relative alla ripartizione degli spot mi ricordavano di tenere presente la Fininvest”. Una raccomandazione per usare un occhio di riguardo per le tv di Berlusconi che “consistevano nel riservare” alla Fininvest “un maggiore effetto di pubblicità rispetto a quello che avrebbe avuto senza dette sollecitazioni”. Per Marone, poi, non ci sono dubbi sul fatto che quei 300 milioni rappresentassero “un tangibile riconoscimento a De Lorenzo per l’attenzione dimostrata”.
Come risponde alle accuse l’attuale ministro? Nega, ma solo in parte. Brancher, uno dei primi uomini del gruppo Berlusconi messi sotto inchiesta dal pool di Mani Pulite, ammette il pagamento delle mazzette, ben attento però a non coinvolgere i vertici dell’azienda, che in effetti non verranno indagati. Eccolo di nuovo davanti al gip: “Ho effettuato i due versamenti non come segno di riconoscimento per l’assegnazione alla Fininvest della quota di fondi stanziati per la campagna anti-Aids, ma perché ero in contatto con il ministro De Lorenzo per la realizzazione di due progetti denominati Il male del secolo”. Progetto legato alla Promogolden, società di cui Brancher deteneva l’85% delle quote.
Brancher sostiene insomma di aver agito in proprio, ma conferma di aver versato tangenti. Posizione che mantiene a oltranza anche quando, durante il secondo interrogatorio, davanti al pm Gherardo Colombo, confessa di non ricordare esattamente come aveva accumulato la provvista. In nero ovviamente. “I 300 milioni – dice – sono una somma che ho preso in contanti”. Tutto denaro che “tenevo a disposizione per eventuali occorrenze”. E ancora: “Percepivo denaro contante per le mia attività di mediazione nel campo immobiliare. Tutta questa attività è stata fatta in nero e in questo momento non mi ricordo chi mi ha retribuito in nero”.
Dopo i mesi di carcere, Brancher viene chiamato il Greganti di Forza Italia. Come il compagno G. (con il quale condivide un’indagine, poi archiviata, per un giro di bustarelle legato alla costruzione dell’ipermercato Le Gru di Grugliasco, Torino) si immolerà per salvare il partito comunista, così Brancher ammette le sue responsabilità, ma salva la Fininvest. Aiutato in questo da Berlusconi e Confalonieri. Sarà proprio il Cavaliere, infatti, a raccontare: “Quando il nostro collaboratore Brancher era a San Vittore, io e Confalonieri giravamo intorno al carcere. Volevamo metterci in comunicazione con lui”. Forse per invitarlo, telepaticamente, a resistere. E lui resistere. A parlare, però, è anche l’ex ministro della Sanità Francesco De Lorenzo. Da lui la controprova della mazzetta: “Visto che era in corso la campagna elettorale – racconta l’ex dirigente del Pli – Brancher si disse disponibile ad anticipare somme di denaro che mi potevano servire. Ribadisco che ho utilizzato la somma di 300 milioni per la campagna elettorale”.
Dunque non tutto si cancella. Anche se la recente promozione al dicastero del Federalismo ha il sapore della nomina ad personam per poter utilizzare il legittimo impedimento previsto dal nuovo Lodo Alfano allargato all’intero Consiglio dei ministri. Dopo Tangentopoli, infatti, Brancher inciampa in uno stralcio dell’inchiesta sulle scalate bancarie orchestrate dai “furbetti del quartierino”. Qui è imputato per ricettazione. Gianpiero Fiorani ha raccontato di avergli versato denaro in contanti per molte centinaia di migliaia di euro: “Quando ci fu la discussione sul disegno di legge sul risparmio, Brancher fu una delle persone che contattai per primo e si dimostrò disponibile a sostenere il ‘partito di Fazio’. Brancher controllava una serie di parlamentari sia di Forza Italia, sia della Lega. In cambio del sostegno che prometteva di offrire, concordammo la cifra di 300 mila euro che consegnai in tre tranche”. L’ex funzionario Fininvest non ha mai denunciato Fiorani per calunnia. Oggi è ministro.