Leggiamo ogni giorno sui giornali i resoconti di un potere politico totalmente disinteressato alle esigenze del Paese e impegnato da anni, ventiquattro ore al giorno, trecentosessantacinque giorni all’anno a demolire lo stato di diritto e creare “cricche” e “cosche” che derubino le casse dell’erario e spartiscano fra pochi i proventi del delitto.
Il livello di spudoratezza del potere è testimoniato da episodi che in un qualunque paese civile sarebbero impensabili e da noi, invece, diventano barzellette. Come quello di uno Scajola che, con una faccia che … non sembra una faccia, a reti unificate si dice turbato nel suo animo gentile e innocente dall’avere scoperto che un ignoto benefattore gli ha pagato la casa a sua insaputa, con un modesto contributo di appena novecentomila euro. E il senatore Nania che, per fare apparire plausibile che Scajola abbia pagato “in buona fede” la casa solo meno di metà del suo valore, ipotizza che egli possa avere creduto che le venditrici gli avevano fatto un prezzo di favore per premiare il buon lavoro da lui fatto come ministro!!!???
Poiché è impensabile che un popolo, per quanto imbottito di spot televisivi e irretito da grandi fratelli e isole dei famosi, possa credere a menzogne di regime tanto manifestamente false e insensate, si deve prendere atto che il potere può contare su una vera e propria complicità del popolo che inganna e deruba. E questo dà luogo a paradossi assolutamente insostenibili per una società in grande difficoltà come la nostra.
Siamo un paese nel quale dilaga la corruzione e il denaro pubblico viene saccheggiato da ogni genere di cricca e quali sono le priorità della nostra politica e del nostro governo? Limitare i poteri di controllo dei pubblici ministeri, impedire le intercettazioni telefoniche, regolare la prescrizione e la durata dei processi in maniera tale che non si arrivi mai a una condanna esecutiva, se non nei processi contro i poveri cristi e in qualche omicidio passionale.
E’ assolutamente evidente che la giustizia in Italia non funziona per niente. Ma questo non è un caso né è colpa della pigrizia dei magistrati (che pure di colpe ne hanno, ovviamente, come tutti): è stato dimostrato con i numeri alla mano che i magistrati italiani sono i più produttivi di tutta Europa. L’inefficienza della giustizia è una precisa scelta politica.
Perché una giustizia anche solo minimamente efficiente impedirebbe molte delle porcherie che affossano il nostro paese. Parlano continuamente, per meschini fini propagandistici, di “effettività della pena”, ma fanno in modo che nessuno di loro e dei loro amici possa mai essere cacciato dai posti – pubblici – nei quali ruba ed estorce. Tutto questo non sarebbe possibile se gli italiani lo considerassero davvero inaccettabile. Ma moltissimi italiani, per qualche misteriosa ragione, hanno sempre pensato che consentire ai loro politici di rubare un po’ non avrebbe avuto grandi conseguenze sulle loro vite. E sembrano avere – da sempre, dai tempi di Mussolini a quelli di Andreotti e poi di Craxi e ora di Berlusconi – una sorta di patto con chi li governa: fate pure ciò che volete, ma dateci ciò che sempre ci promettete.
L’equivoco tragico è che:
1. “Misteriosamente”, le promesse vengono continuamente rinnovate, ma mai davvero mantenute. Il governo ha sempre un alibi per non avere mantenuto le promesse: ieri la guerra fredda, il muro di Berlino, oggi la crisi, i comunisti, i sindacati, i magistrati (!?), la costituzione “antiquata” (!?). Sicché il patto è infine un patto “leonino”: i politici e il governo incassano l’indulgenza del popolo, ma non “pagano” quanto “promesso” in cambio.
2. Forti del salvacondotto, i politici non si accontentano di “fare qualche marachella” o “rubare un po’”. Fanno man bassa di tutto. Dalla sanità all’ambiente, dalle tasse all’acqua, dal lavoro all’edilizia.
3. Il furto di legalità e giustizia consentito al potere distrugge letteralmente e irrimediabilmente la vita reale del Paese. E le sue speranze di un futuro.
La maggior parte dei furti non si vede subito. Ma le sue conseguenze stanno lì. Fra qualche anno gli italiani “scopriranno” quali conseguenze concrete avrà sulle loro vite ciò che si è fatto e si è consentito si facesse in tutti questi anni. E come sempre, penseranno di non essere colpevoli. Come è accaduto già ai tempi di Mussolini. Gli italiani non credono di essere stati “fascisti”. Credono di essere stati “vittime” del fascismo.
Gli italiani non sanno che, se consenti consapevolmente a qualcuno in qualunque posto e in qualunque momento di commettere ingiustizia, sei complice di quella ingiustizia. E prima o poi ne pagherai, giustamente, il prezzo. Quando Mussolini andò ad occupare l’Abissinia, gli italiani pensarono che quello era un problema degli abissini. E non soffrirono per nulla al pensiero dei tanti abissini uccisi in quella “bella impresa”.
Solo quando, anni dopo, ogni famiglia italiana poteva contare i suoi padri, mariti, fratelli morti nelle scellerate guerre del regime, gli italiani si resero conto che, se autorizzi qualcuno ad ammazzare in tuo nome, prima o poi, di morire potrebbe toccare a te o a tuo fratello. Tanti italiani non hanno ancora capito che chi evade le tasse in maniera sistematica, chi corrompe finanzieri e giudici per i propri “affari”, chi demolisce sistematicamente il sistema dei controlli, chi “privatizza” tutti i servizi pubblici, chi corrompe testimoni e crea fondi neri alle Cayman, chi non riconosce i Tribunali e non si presenta davanti a loro ha creato e sta creando un sistema nel quale il derubato in definitiva sei tu.
Tanti italiani non hanno ancora capito che ciò che è “pubblico” è “nostro” e non “di nessuno” e che “rubare allo Stato” non è rubare a uno straniero, ma a tutti noi. Questo “equivoco” è eterno nella storia degli uomini. Comincia da Adamo ed Eva. E’ la convinzione che si possa offendere la verità e la giustizia senza pagarne le conseguenze. E’ una illusione disonesta e, soprattutto, ingenua. La storia, infatti, si è sempre incaricata di stroncare nel dolore queste “ingenuità”.
Perché il bene e il male, la verità e la menzogna, la giustizia e l’ingiustizia non sono astrazioni formali, nudi nomi (come sosteneva Eco ne “Il nome della rosa”), ma “cose reali”. Siamo noi che riempiamo il mondo che abitiamo delle nostre azioni: buone e cattive. Il risultato finale è la somma di ciò che in concreto ciascuno di noi ha fatto e fa e consente agli altri di fare.
Se in un giardino non metti acqua e non fai potature, ma consenti di seppellire spazzatura di ogni tipo e di rubare i semi, ciò che inevitabilmente avrai alla fine è un campo di sterpi e infezioni. L’idea che si possa sempre e solo prendere senza mai dare, che si possa fare e disfare a piacimento, che le regole possano essere derise (il quotidiano Libero ha intitolato un articolo sul c.d. “legittimo impedimento” “Marameo ai giudici”) senza conseguenze è una cosa del tutto assurda, ma, purtroppo, molto profondamente italiana.
Prima e più urgentemente che cambiare governo, dovremmo impegnarci a cambiare