Più di un miliardo di euro. È la somma stratosferica che la Procura della Corte dei Conti si appresta a chiedere alle società concessionarie dei giochi d’azzardo autorizzati. Slot macchine e videopoker, tanto per intenderci. Un tesoro che se davvero finisse nelle casse dello Stato sgraverebbe i comuni cittadini del 5 per cento dei tagli previsti dal governo nella manovra anti-crisi. Più degli ottocento milioni promessi – e mai arrivati – un anno fa per la banda larga. Quasi la metà dei tagli alle Regioni. O, se preferite, una cifra che basterebbe per avviare la ricostruzione de L’Aquila.
Atlantis. Stando ai dati dell’Aams (l’Agenzia dei Monopoli di Stato), alle principali società concessionarie dovrebbe presto essere richiesto di pagare sanzioni fino a 260 milioni di euro l’una. Il motivo: secondo la Procura della Corte dei Conti, non hanno presentato il rendiconto delle somme incassate nell’esercizio del gioco. La sanzione prevista dalla legge arriva fino alla metà degli incassi. Esattamente quanto si appresterebbe a chiedere la Procura contabile. I calcoli sono presto fatti e danno un risultato finale a nove zeri: la società con il maggior numero di macchinette collegate è la Atlantis, che tra il 2004 e il 2005 ha incassato oltre 520 milioni di euro. La sanzione richiesta nel suo caso, perciò, si aggirerebbe intorno ai 260 milioni. Altri 530 milioni, però, sono stati incassati nel 2006. Così un’altra sanzione potrebbe essere calcolata in misura forfettaria su giocate, vincite e prelievo unico erariale (cioè l’imposta destinata allo Stato su ogni giocata). È soltanto l’inizio: a Snai potrebbe essere richiesta una sanzione di 150 milioni. Poi, a calare: 110 milioni a Gmatica, 110 a Sisal, 89 a Codere, 85 a Cirsa, 70 a Lottomatica. E già così le richieste della Procura della Corte dei Conti sfiorerebbero il miliardo di euro, cui però va aggiunto quanto dovuto dalle concessionarie minori. Ancora: vanno considerate anche le sanzioni per le somme incassate dal 2006. E sono altre centinaia di milioni di euro. Il calcolo sarà forfettizzato. Un tesoretto, insomma. La notizia, però, è passata quasi inosservata. Forse perché il linguaggio della Cassazione (13-330/2010) è da addetti ai lavori: in cinque pagine i magistrati della suprema Corteaffermano che le concessionarie vanno considerate agenti contabili e, quindi, quando non presentano i conti delle loro entrate, la giurisdizione spetta alla magistratura contabile. Proprio quello che le società teme vano.
Lottomatica. Lottomatica aveva cercato di opporsi presentando un ricorso in punto di giurisdizione: “I concessionari non sono agenti contabili. Quali concessionarie di servizi, non gestiamo beni pubblici, non incassiamo entrate dello Stato, non maneggiamo denaro pubblico (bensì somme ricevute dai giocatori a titolo di corrispettivo per i servizi resi)”. Una tesi che la Cassazione ha bocciato su tutta la linea: “È consolidato nella giurisprudenza il principio in ragione del quale elementi essenziali e sufficienti perché un soggetto rivesta la qualifica di agente contabile ai fini della sussistenza della giurisdizione della Corte dei Conti sono soltanto il carattere pubblico dell’ente per il quale tale soggetto agisca e del denaro oggetto della sua gestione”. La Suprema Corte non ha dubbi: poiché la società è “concessionaria dei Monopoli per la rete telematica e titolare unico dei nulla osta all’esercizio degli apparecchi… essa assicura che la rete telematica affidatale contabilizzi le somme giocate, le vincite e il prelievo unico erariale, nonché la trasmissione periodica di tali informazioni al sistema centrale… Inoltre, la società contabilizza per gli apparecchi collegati alla rete telematica affidatale il prelievo erariale unico e ne esegue il versamento”. Insomma, in parole povere, poiché la società incassa gli introiti, contabilizza e riscuote le imposte (prelievo unico erariale) va considerata agente contabile. E qui ecco che i tecnicismi giuridici si potrebbero tradurre in denaro sonante che finirebbe nelle casse pubbliche. Adesso la parola sulle dichiarazioni non presentate dalle società torna alla Corte dei Conti.
L’udienza è fissata per il prossimo 7 ottobre. I concessionari cominciano a tremare: la richiesta, pare certo, dovrebbe essere della pena massima. Cioè, appunto, oltre un miliardo. Ma chissà se, anche in caso di condanna, la somma davvero sarà pagata. Il mondo dei giochi d’azzardo legali gode infatti di molte simpatie politiche. Assolutamente bipartisan. L’esempio più noto è quello di Amedeo Laboccetta, vicino a Gianfranco Fini, ex uomo forte di An a Napoli e in un recente passato rappresentante legale in Italia proprio del colosso dei giochi, la Atlantis. Oggi è entrato alla Camera e fa parte delle commissioni V (Bilancio, Tesoro e Programmazione), VI (Finanze), cioè proprio quelle che si occupano dei giochi. Siede poi anche nell’Antimafia, e qui con la sua esperienza nel mondo dei giochi potrà senz’altro essere utile alla lotta contro la criminalità organizzata, perché, come dimostrano le inchieste della Procura di Napoli, i giochi “legali” sono diventati una delle principali fonti di sostentamento della camorra. Laboccetta giura: “Mi sono dimesso il giorno stesso in cui sono stato eletto. Dimesso da tutto. Da Atlantis, di cui non so più niente. Faccio il deputato a tempo pieno, sono nella commissione Antimafia”.