La Chiesa romana, di cui Sepe è “eminenza”, dice di possedere la “verità rivelata” su Dio e sull’uomo, su questo mondo e sull’altro. E grazie a questo possesso di questa verità, può dettare e imporre tutto e il contrario di tutto, sulla vita, sulla morte, sull’amore e sul sesso.
I milioni di credenti cristiani insieme ai cristiani increduli dinanzi ai fatti e i misfatti di questa Chiesa si aspettano di conoscere la verità sul coinvolgimento di Sepe nella “cricca”. Ma avranno molto da aspettare se ancora oggi nulla sanno delle responsabilità dell’arcivescovo Marcinkus, delle oscure vicende dello Ior col Banco Ambrosiano di Roberto Calvi, degli affari con il bancarottiere Michele Sindona, del riciclaggio degli immensi capitali della mafia e di tangentopoli nelle riservatissime e incontrollabili casse della banca vaticana.
La speranza è che la magistratura italiana possa oggi rivelarci qualche verità, ammesso che non si imbatteranno nella copertura che lo Stato italiano ha sempre assicurato allo Stato Vaticano grazie al Concordato e ai discutibilissimi privilegi della extraterritorialità.
Ma anche per Benedetto XVI il caso Sepe potrebbe essere l’occasione (come per la pedofilia dei preti) per cominciare a fare emergere qualche verità e fare quella “pulizia” da lui invocata qualche giorno prima d’essere eletto Papa.