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A scuola di revisionismo condiviso?

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Tema di maturità. Si tracci una direttrice su tre punti: si parta dai giovani Pd che rifiutano il termine “compagno“, si attraversi la reazione dei democratici al Marchionne-pensiero per finire alla ossessionata moderazione sulla storia delle foibe. Se sarà una retta siamo fritti. Dal comunicato seguito alla manifestazione Pd di sabato scorso, dopo che un attore più noto per aver interpretato De Gasperi ha osato appellarsi alla folla con il compagni e compagne: “Noi nativi del Pd, le parole compagni e festa dell’Unità, sono concetti che rispettiamo ma che non rientrano nel nostro pensare politico e che facciamo fatica ad accettare…questo trapassato non ha noi come destinatari“.

Mi domando cosa ci sia di disdicevole nel compagne e compagni per dei giovani democratici se non affermare che si è lontani da tutto ciò che non risulta contemporaneo e maledettamente trendy. Intrecciare storie, presenti e passati, dovrebbe appassionare e invece no. Intriga di più mescolarsi con il senso comune diffuso, anche se è impastato di trasformismo e clientelismo, di populismo e belle divise sempre nuove. Dovrebbe impegnare la mente tutto ciò che a questo ventre italiano si oppone ma ai nativi delle nuove praterie piddine interessa piantarsi nel presente, che l’acqua che gli arriva è quella descritta da Carlo Tullio Altan quando scriveva della “sindrome nazionale” e che Luigi Pintor definì il “fascismo naturale” persistente nella società italiana. Una autobiografia di senzastoria.

Bersani su Pomigliano: “Il mio è un sì con riserva”. I senzastoria ci danno dentro. E la Fiom fa  scandalo, rifiuta l’accordo di Marchionne e merita l’emarginazione. Nessuno si chiede che cosa si vuole in cambio della promessa di non andare in Polonia. La presenza di alcune decine di assenteisti giustifica la cancellazione del contratto nazionale, del diritto di sciopero, dell’orario della mensa, dei riposi. Ma al Pd qualcuno ha raccontato le concrete condizioni di fabbrica a Pomigliano?

Il tema della maturità sulle foibe. Scommetto che la Gelmini non se l’è tenuta e deve aver fatto una delle sue telefonate di fuoco al Grande Condottiero. “Sono stata brava Presidente?” Anche qui è la rimozione del passato a permeare il presente di un fascismo bonario. Delle leggi razziali del ’38 e delle stragi coloniali si ricorda con disagio. Mentre in un celebre Porta a Porta del 2007 con Marcello Dell’Utri a disquisire dei diari postumi di Mussolini, rivelatisi poi una patacca, si parlò di foibe, perchè – letterale – della Risiera di San Sabba si è discusso fin troppo.

Da anni Luciano Violante parla di riconciliare il paese attraverso una storia condivisa. Ed è cresciuto, mostruoso, il bilanciamento degli orrori. Chi può negare la tragedia delle foibe scorporata dal lager nazista di Trieste e dai massacri fascisti in Jugoslavia? E invece è moneta corrente la spensierata riscrittura del passato. Di questo fascismo diluito e allegro che ispira l’odierno regime italiano il Pd dà un giudizio critico ma accomodante. Non vedono una retta tesa, un progetto, ma al più il gioco di sponda di un gruppo di guasconi.

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