Parola d’ordine rafforzare l’economia. Barack Obama si presenta al G20 canadese come profeta della crescita. Reduce dall’agognato “sì” incassato da Pechino dopo mesi di suppliche per una rivalutazione dello Yuan, il presidente statunitense sembra avere le idee chiare. L’attenzione ai bilanci (fortemente provati da quasi un biennio di salvataggi pubblici) è importante, ma la priorità resta un’altra. L’economia va rilanciata e al centro del dibattito non potrà che esserci un solo, irrinunciabile, concetto: la crescita globale.
Il Fmi ha parlato di un possibile +4% su scala planetaria, un dato che ha già riportato speranza ai grandi della Terra. Ma anche, se non soprattutto, al mondo della grande finanza. Già, perché l’ottimismo contemporaneo – ed è questa, forse, la più inquietante delle sensazioni – rischia di travolgere i buoni propositi espressi nei mesi della grande paura. A che punto siamo, ci si chiede, con il pachidermico dibattito sulle regole finanziarie? La verità è che nella comunità internazionale non c’è ancora uno straccio di accordo e le diverse posizioni assunte fin qui dai governi lo dimostrano ampiamente. In questi giorni l’agenzia France Presse ha provato a riassumere i dati salienti del contesto internazionale. I dettagli emersi non sono certo incoraggianti. Una rapida occhiata:
USA Il Paese in cui è cominciata la crisi globale ha intrapreso il cammino di una profonda riforma del sistema finanziario, ma il progetto non è ancora definitivo. La Camera dei rappresentanti e il Senato hanno infatti approvato testi diversi e stanno attualmente cercando una posizione comune. Un passaggio fondamentale riguarda le regole bancarie e i rischi che esse possono assumersi sul mercato.
UE Bruxelles cerca di coordinare gli sforzi dei Ventisette per incrementare la vigilanza nel settore finanziario. Il Parlamento europeo ha discusso a lungo sull’opportunità di un giro di vite sui fondi speculativi. Nei mesi scorsi è stata anche annunciata una nuova agenzia di rating, in aperta polemica con i colossi del settore (S&P, Moody’s e Fitch).
GERMANIA L’organismo di controllo sui mercati del Paese, la Bafin, ha recentemente bloccato le vendite allo scoperto, causando forti polemiche all’interno dell’Ue. Insieme alla Francia, il governo di Angela Merkel si è più volte dichiarato favorevole all’introduzione di una tassa sulle banche.
FRANCIA Il Parlamento sta esaminando un progetto di legge di regolazione bancaria che dovrebbe rafforzare i poteri dell’Autorità per i mercati finanziari, imporre nuove norme per le agenzie di rating e interdire, in alcuni casi, le vendite allo scoperto. Il ministro delle Finanze, Christine Lagarde, si è detto favorevole ad un nuovo prelievo fiscale ad hoc sui business degli istituti di credito.
GRAN BRETAGNA Il nuovo governo conservatore ha svelato un progetto per abolire la FSA (Financial Services Authority) e rafforzare invece i poteri della banca centrale. Il precedente esecutivo di Gordon Brown ha imposto una tassa straordinaria del 50% sui bonus più alti dei dirigenti della City di Londra.
ITALIA Nella penisola non si sono visti salvataggi bancari, per cui non sono al vaglio particolari riforme della finanza. Nel 2009 Bankitalia ha rafforzato i controlli sui fondi propri delle banche e fissato alcune regole sulle remunerazioni.
GIAPPONE Vaccinato agli eccessi della finanza dopo la bolla immobiliare del 1990, l’arcipelago asiatico ha visto le sue banche attraversare la crisi senza soccombere. Per questo c’è fiducia nell’attuale sistema di regole, che prevede in particolare una garanzia sui depositi bancari pari a 10 milioni di yen (110 mila euro).
CINA In un sistema in cui la finanza, come il resto dell’economia, è interamente controllato dallo Stato, il dibattito gira attorno alle misure necessarie per ammorbidire le politiche valutarie sul mercato internazionale e per sgonfiare la bolla immobiliare nel sistema interno. La banca centrale ha già alzato per tre volte, dall’inizio dell’anno, i livelli di riserve obbligatorie per le banche.
Non ci vuole molto, insomma, a capire quanto le distanze siano tuttora difficili da colmare. L’ipotesi di una tassa sulle transazioni finanziarie appare sempre meno concreta, i piani di regolamentazione dei derivati o delle attività degli hedge funds restano tali ancora sulla carta mentre le sottoscrizioni di precari accordi bilaterali sembrano soddisfare, per ora, quanti nell’Ocse avevano puntato il dito contro le responsabilità dei paradisi fiscali. I global legal standard, nel frattempo, assumono sempre di più i contorni dell’illusione. Nelle mesi che precedettero il vertice 2009 di Pittsburgh erano stati indicati come il grande traguardo globale. Un delirio da inguaribili idealisti, si direbbe oggi.
Andrea Barolini e Matteo Cavallito