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Gli affari di famiglia del presidente Karzai <br/> Traffico d’armi con denaro pubblico Usa

La società legata al presidente dell'Afghanistan gestisce la logistica della guerra per conto degli americani. Un sistema opaco che porta armi direttamente ai talebani

L’Afghanistan, per i Karzai, è un affare di famiglia. Non solo perché il clan, di etnia pashtun, è da sempre al centro delle vicende nazionali. E non solo perché Hamid Karzai ne guida il governo, dopo una contestata rielezione. In questo Paese, che non solo i ragazzini ma anche gli adolescenti non hanno mai conosciuto in pace, i Karzai hanno il controllo della forza: almeno di quella legale. Ma se il presidente è a capo delle forze armate, meno noto è il ruolo di due dei suoi cugini, Ahmed Rateb Popal e Rashid Popal. E ancor meno conosciuto è il fatto che la società che controllano, la Watan Risk Management,  è al centro di un sistema di appalti quantomeno anomalo. Perché porta, di fatto, milioni di dollari pagati dai contribuenti americani nelle casse di signori della guerra locali, ex mujahedin e, soprattutto talebani. Ovvero gli studenti del Corano responsabili di 8.159 attacchi con bombe artigianali contro i soldati americani nel 2009. Coloro che cercano di smantellare lo Stato guidato da Karzai, per il quale combattono e muoiono soldati della Nato. Anche italiani.

A svelare il giro d’affari che porta i dollari delle tasse americane nelle tasche dei talebani è un rapporto chiamato Warlord Inc (“Signori della guerra Spa”), scritto dalla sottocommissione della Camera Usa per la Sicurezza nazionale. Nelle 85 pagine del rapporto viene spiegato il sistema di mazzette che da un lato garantisce che i 100mila soldati americani e i 38mila della Nato in Afghanistan ricevano regolarmente cibo, acqua, carburante e quanto serve per la guerra. Ma che dall’altro va contro gli interessi strategici della guerra in Afghanistan: “incoraggiando i signori della guerra, l’estorsione, la corruzione, e rivelandosi una significativa fonte di finanziamento per gli insorti”, scrive il rapporto.

Il vertice del sistema del “pizzo” afgano sta in un contratto da 2,1 miliardi di dollari chiamato Host Nation Trucking. Con quell’accordo il Pentagono ha appaltato a 8 compagnie – americane, ma anche locali – la logistica della guerra. In altre parole, il Dipartimento della Difesa paga perché migliaia di camion portino tutto il necessario, lungo percorsi sterrati e pericolosissimi, a soldati sparsi in 200 basi. Il contratto, al punto 4.9, dice: “Il contractor è responsabile in toto della sicurezza”. Certo, il Congresso ha chiesto al Pentagono di vigilare sui subappalti. Ma nessuno lo fa davvero: “I responsabili della logistica hanno poca capacità di visione di ciò che accade ai loro camion lungo la strada, e nessuna comprensione di come a quei tir venga garantita sicurezza”, scrive il rapporto. Che incalza: “Quando i contractors hanno denunciato ai militari che subivano estorsioni da parte dei signori della guerra, e che quei soldi finivano nelle mani degli insorti, venivano accolti con indifferenza”. “La sicurezza è affar nostro: a loro non importa chi paghiamo e quanto, nel percorso. Basta che il convoglio arrivi”, scrive un contractor in un’email. Così il denaro inizia la sua corsa anomala.

Già, perché le società che garantiscono il vettovagliamento delle truppe sanno che le strade afgane hanno padroni. E quei padroni sono signori della guerra. Gente come il comandante Ruhullah, “il macellaio”, che guida una milizia 600 uomini. O Matiullah Khan, 2mila armati. Così le compagnie pagano: poliziotti, guardie di confine, amministratori. E, appunto, signori della guerra. Degli otto contractors, sette si affidano ai servizi della Watan, la società dei cugini di Karzai. Che assolda gente come “il macellaio”, o Matiullah Khan. E questi – che pure sono disposti a perdere centinaia di “dipendenti” ogni anno in scontri a fuoco – non si fanno scrupoli a pagare i talebani, se i loro attacchi diventano “insistenti”. “Non v’è alcun dubbio che Ruhullah collabori con gli insorti”, spiega un ex manager nel rapporto. E Haji Fata, a capo della compagnia di Trasporti e sicurezza Mirzada, ammette: “Ogni camion costa circa 200 dollari in mazzette. Da dare alla polizia, o ai talebani. Ai talebani non interessano gli spiccioli: e se rapiscono qualcuno poi chiedono 10, 20, 50mila dollari”. In altre parole, l’alternativa non esiste: chi non paga subisce attacchi. A volte a compierli sono le stesse “compagnie di sicurezza” che dovrebbero proteggere i camion, in una guerra tra “cosche”. La situazione attuale dà lavoro a 70mila persone. Stipendiate dai signori della guerra arruolati dai contractor. Di fatto, pagate dai contribuenti americani. E pronte, scrive il rapporto, “a giocare un ruolo come centri autonomi di potere politico, economico e militare anche dopo che gli Stati Uniti avranno lasciato l’Afganistan”.