Sono stato di recente in ‘Gran Pretagna’. Si tratta del quartiere Aurelio di Roma. Una zona della città che parte proprio dalla via Aurelia e arriva fino al grande raccordo anulare. Qui risiede il 22 % delle suore presenti in Italia e il 29,5% di frati, sacerdoti e monaci (dati de La Stampa).
Complessi immobiliari che ospitano seminari, conventi, case per ferie gestite da religiosi, scuole e università cattoliche dirette da prelati. In ‘Gran Pretagna’ c’è anche la sede di Sat 2000 e radio in Blu, le emittenti della Conferenza episcopale italiana.
Gli immobili della chiesa in questa zona, partono da un minimo di mille metri quadri fino ad arrivare a diecimila metri quadri e anche più. Un patrimonio immenso fatto di terreni e palazzi.
Eppure qui, in ‘Gran Pretagna’, c’è un sacerdote pugliese, don Raffaele Buono, che ha difficoltà a trovare uno spazio per accogliere i suoi ‘ospiti’. Gli ‘ospiti’, così li chiama il prete, sono le centinaia di persone disagiate che ogni venerdì e sabato prendono come riferimento la chiesa di don Raffaele, il san Leone Magno.
Da 25 anni, insieme a un gruppo di volontari, Buono organizza una serie di attività, prima fra tutte la “Colazione per i poveri”, ogni sabato mattina dalle 6,30 alle 10 e poi il venerdì, agli stessi orari, la giornata della doccia. Ha fondato un’associazione dal nome La.Va., lavoro vagabondo, e ha trovato lavoro a decine di persone che vivevano in strada. Eppure l’associazione di don Raffaele non riesce a trovare uno spazio adeguato. L’unico che gli è stato concesso per la ‘giornata della doccia’, quattro bagni in tutto, è uno spazio del Comune da dividere con il centro anziani del quartiere. Con una differenza: il centro anziani non paga l’affitto e l’associazione di don Raffaele sì.
Un affitto che viene pagato con difficoltà, vista l’esiguità di fondi a disposizione. E per la colazione del sabato, il locale che la chiesa dopo ripetute richieste gli ha messo a disposizione, è poco più che un rustico coperto da bandoni di plexiglas. Caldissimo di estate e freddissimo in inverno. Invivibile.
Ecco sono queste le contraddizioni che si respirano in questo pezzo di territorio romano in mano, o quasi, alla chiesa.