Pare che i bambini vengano oggi assediati da un minaccioso strumento di marketing, i cosiddetti advergames: giochi online in cui, in un modo o nell’altro, compaiono prodotti da vendere. Come se non bastasse la pubblicità.

L’allarme arriva da una ricerca pubblicata dal Journal of Nutrition Education and Behavior. I ricercatori dell’università della California hanno passato al setaccio 247 advergames, ovvero mini-giochi online che mirano a intrattenere i bambini.

L’84% presentava almeno un marchio, in genere con il logo o con la rappresentazione diretta del prodotto. Si tratta di giochi che mescolano video, animazioni interattive e pubblicità, con lo scopo di far restare il più possibile sul sito i bimbi e, intanto, far “passare” il marchio.

I loghi o addirittura i cibi stessi (tutti estranei a qualunque forma di dieta equilibrata o benessere) sono parte integrante dei giochi: in alcuni casi è il cereale o la caramella che diventa un personaggio della partita, in altri per giocare o per passare a livelli superiori occorre inserire un codice che si trova solo sulle confezioni del prodotto.

Si tratta di un modo per far passare i cibi reclamizzati come alimenti sani, positivi, “divertenti”, ma che insegnano ai bimbi scelte alimentari sbagliate, che poi si porteranno dietro tutta la vita.

Questo sistema non è diverso da quello a cui siamo soggetti tutti, ogni giorno. Quasi nessuno ha le categorie critiche per restare immune da questo bombardamento mediatico. Dai media arriva un modello, oggetti, comportamenti. E tutto gira sempre intorno ai soldi.

Così la gente si convince che per vivere servano un mucchio di cose, e per cambiare vita, per essere più autentici, serva essere ricchi. Senza denaro è impossibile.

Ma se io non compro niente, che soldi servono?

Quando il carcerato dice che il carcere è inespugnabile, rafforza il suo carceriere, avvalora la sua tesi: “non provate a scappare, non ci riuscireste”. Mentre tornare liberi è possibile, soprattutto se non ci si nasconde dietro ai soldi. L’Italia è piena di splendidi posti dove si vive bene, con poco. Dignità e sobrietà rendono questa scelta possibile. Il sogno, il progetto, la rendono possibile. Non i soldi.

I soldi necessari per vivere sono pochi. Il coraggio per restare immersi nel ciarpame di questa società, nella follia del lavoro-produco-consumo invece è enorme. Come si fa ad averlo, tutti i giorni, per tutta la vita?

Oltre a un tetto e al cibo, cos’altro serve per essere liberi? Oppure vogliamo restare lì, davanti alla tv, in ufficio, nel traffico, a farci riempire la testa di limiti? Il tempo va. La vita non torna. Adesso Basta.

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