Ometti come noi. Figlioli prodighi che si perdono nel mondo come tutti. Da una cinquantina d’anni la chiesa è dentro la società della comunicazione con tutte le sacre pantofole. Ma nell’ultimo decennio è maledettamente più difficile nascondere quello che succede dentro.

E’ tutto un proliferare di incontrollabili casini sulle care vecchie cose: le cappelle, i palazzi, le tombe, le scuole, i preti, le suore. Tutto si può ricondurre a due annosi problemini: il sesso e il denaro. Due questioni di senso della vita con cui si scontra ogni comune mortale. Quindi anche i cardinali.

In questa epoca supercafona eppure trasparente il consenso, anche per loro, non è più ostensibile con ineffabili velature o setose paratìe. Bisogna conquistarselo con l’autorevolezza. È una distanza tra il fare e il predicare che si colma dopo secoli.

Siamo in mezzo a una tempesta irripetibile sul lago Di Tiberiade. E più che camminare epicamente sulle acque c’è da trottare come ronzini sul fango. Con una parola chiara però, questa sì autorevole: “non c’è nulla di nascosto che non debba essere svelato, e di segreto che non debba essere manifestato. Quello che vi dico nelle tenebre ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio predicatelo sui tetti” (Mt 10, 26-28).

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