Se la perquisizione fosse avvenuta in una moschea o in un tempio buddista, nessuno si sarebbe stracciato le vesti o avrebbe ventilato persecuzioni. Invece le perquisizioni sono avvenute nella sede dell’arcivescovado di Mechelen e nella cripta della cattedrale Saint Rombout a Mechelen, così prima i vescovi e poi Benedetto XVI si sono sentiti in dovere di intervenire, definendo “deplorevoli e sorprendenti” l’operato della polizia e della magistratura. In un messaggio al presidente dei vescovi belgi, monsignor André-Joseph Léonard, Benedetto XVI auspica che sia fatta giustizia anche sui casi di pedofilia clericale in Belgio, ma ribadisce che la giustizia debba fare il suo corso “nel rispetto della reciproca specificità e autonomia” della Chiesa.
I poliziotti, secondo diversi quotidiani belgi, sono scesi fino alla cripta alla ricerca di un nascondiglio segreto in cui sarebbero stati occultati dossier su casi di pedofilia clericale. Secondo la portavoce della procura di Bruxelles, Estelle Arpigny, nel corso della perquisizione è stata anche aperta una tomba, fatto che ha immediatamente suscitato reazioni di sdegno dal Vaticano. La Santa Sede ha espresso le proprie rimostranze sia attraverso una nota ufficiale, sia verbalmente, in un incontro avvenuto questa mattina tra l’ambasciatore belga in Vaticano, Charles Ghislain, e monsignor Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati.
Durante la perquisizione sono stati sequestrati anche i documenti della commissione Adriaensses, istituita già dieci anni fa dalla Chiesa belga, con il compito di esaminare le denunce di abusi e le testimonianze delle vittime, riservandosi di decidere quali dossier trasmettere all’autorità giudiziaria, ma soprattutto riservandosi di decidere quali casi costituivano reati da perseguire, quali da prescrivere, quali casi archiviare e dimenticare ammantandoli di cristiano perdono. Alle vittime che denunciavano alla commissione gli abusi subiti veniva garantito un trattamento confidenziale.
Il numero di denunce arrivate al vaglio della commissione Adriaensses aveva subito una impennata dopo le dimissioni del vescovo di Bruges, monsignor Roger Vangheluwe, che alla fine di aprile ha lasciato la guida della diocesi dopo aver ammesso di aver abusato di un ragazzo: “Quando ero ancora un semplice sacerdote e per un certo tempo all’inizio del mio episcopato – ha ammesso il vescovo – ho abusato sessualmente di un giovane dell’ambiente a me vicino. La vittima ne è ancora segnata. Nel corso degli ultimi decenni, ho più volte riconosciuto la mia colpa nei suoi confronti, come nei confronti della sua famiglia, e ho domandato perdono. Ma questo non lo ha pacificato. E neppure io lo sono”.
L’indignazione del Vaticano e del primate della Chiesa belga, André Leonard, già nell’occhio del ciclone per l’accusa di aver coperto un sacerdote pedofilo, non ha avuto eco nella classe politica belga. Il premier uscente, il democratico cristiano Yves Leterme, ha fatto presente che “chi ha commesso abusi deve essere perseguito e condannato secondo la legge belga” e che in Belgio “esistono poteri separati tra Stato e Chiesa”. Dello stesso avviso anche il ministro della giustizia uscente, il cristiano democratico fiammingo Stefaan De Clarck, che ha precisato che la magistratura belga è indipendente e quindi spetta a quest’ultima prendere certe decisioni.
Due settimane fa, proprio Stefaan De Clerck aveva emesso una circolare con la quale si tentava di organizzare una collaborazione fra le procure e la commissione Adriaenssens. La magistratura ha evidentemente ravvisato il pericolo di una legittimazione di un privilegio delle gerarchie ecclesiastiche rispetto ai comuni cittadini, chiarendo così che in Belgio la legge è davvero uguale per tutti.
di Vania Lucia Gaito