A Toronto la crisi ha fatto un passo in avanti: decidere infatti di non decidere sulla strategia anti-crisi non può che peggiorare le cose. Evidentemente c’è chi si accontenta o si illude che il più scontato dei segnali di fiducia (“Un’inizio di ripresa”) possa convincere. Pur sapendo che di ripresa nemmeno l’ombra visto che i deficit pubblici ricattano tutto l’Occidente e che è stata messa la sordina all’unico intervento d’emergenza credibile: tassare le rendite finanziarie, come primissimo passo verso politiche fiscali che diano un colpo ai veri motori della crisi. Niente di tutto questo. Anzi, così facendo, le briglie della crisi tornano nelle mani della speculazione finanziaria e delle banche. Un capolavoro dei leader del G20, che pensano così, attraverso politiche stato per stato, di salvare capra e cavoli: il sistema economico e la poltrona.
Nel frattempo:
I cittadini spagnoli che possiedono uno dei circa 3 mila conti correnti “segreti” in Svizzera (scoperti nelle ultime settimane per effetto di una “soffiata” delle autorità francesi) avranno tempo fino al 30 giugno per uscire allo scoperto. Entro la fine del mese, il governo di Madrid accetterà il pagamento delle somme non dichiarate che potrebbe essere superiore a 6 miliardi di euro. Zapatero sembra aver scelto la linea dura: nessuna aministia per chi farà rientrare i capitali e non solo. Chi sanerà i propri debiti col fisco dovrà pagare anche gli interessi e le eventuali multe. Niente a che vedere con il nostro scudo fiscale, scritto da un gruppo di “narcos colombiani” della finanza pubblica.
La scorsa settimana l’Assemblea nazionale francese ha deliberato la creazione di una commissione d’inchiesta sulla crisi finanziaria, secondo una proposta avanzata dal partito socialista, all’opposizione. Christian Eckert, del Ps, ritiene che attraverso la Commissione si renderà evidente la pochezza delle riforme economiche anti-crisi presentate dalla maggioranza, che “non presentano alcuna indicazione su alcuni strumenti ad alto rischio, come i credit-default swap, né regole precise per combattere i paradisi fiscali”.
Secondo Financial Times, la nuova tassa che punta ad introdurre la Gran Bretagna nel mondo della finanza peserà in gran parte sulle banche. Saranno loro, infatti a coprire oltre il 50% dei 2 miliardi di sterline annui di nuovi introiti previsti dal governo di Londra per ripianare il deficit inglese. Solo un quarto della cifra, invece, sarebbe a carico delle società di costruzione e degli istituti stranieri. Da notare che il deficit inglese è quantitativamente il più impressionante in Occidente.
Infine. Il legislatore Usa sta tentando di approvare una nuova legge che renda gli istituti finanziari direttamente coinvolti nei prestiti che concedono a cittadini e imprese. Si tratta di una norma che imporrà alle compagnie di mantenere a proprio carico non meno del 5% dei rischi collegati all’erogazione dei crediti. La proposta è stata soprannominata “skin in the game”. La pelle in gioco.
In Italia: lo scudo fiscale, la manovra Tremonti, le nuove regole Fiat imposte a Pomigliano.