Il fondatore di Forza italia ha incontrato i giornalisti dopo essere stato condannato in Appello. "Si tratta di un contentino alla procura"
Tranquillo in modo disarmante, quasi fosse Marlon Brando nel Padrino. E’ apparso così il senatore Marcello Dell’Utri. Blaser blu e volto disteso. L’appuntamento è fissato in via Marini 1 a Milano, sede storica dei Circoli del Buongoverno. Il fondatore di Forza Italia è arrivato poco dopo le 11. Un’ora prima, a Palermo, i giudici della Corte d’Appello lo avevano condannato a sette anni per concorso esterno. Condanna che lambisce ma non tocca il 1992. In sostanza: gli anni delle stragi e della trattativa tra Stato e mafia. Particolare non indifferente. “Un po’ mi dispiace per il procuratore Gatto – ha scherzato il senatore – , potevo entrare nella storia, ma così non è stato. Che vi devo dire, gli farò le condoglianze”. E comunque la sentenza c’è, non si può fare finta di nulla. “Solo un contentino alla procura”, ha ribadito il senatore, convinto a oltranza “di una macchinazione” che alla fine è arrivata a una “banale condanna per concorso esterno”.
Eppure qualcosa c’è. Un rimpianto forse, che però il senatore azzurro nega e negando racconta che “fui io a dire a Berlusconi di stare zitto e di non andare in aula a testimoniare”. Proprio così. Il premier in questo processo ci entra come testimone che chiamato dalla Procura si avvale della facoltà di non rispondere. Una scelta, consigliata e approvata dallo stesso Dell’Utri. “Io so come vanno a finire queste cose – dice – , tu vai in aula dici una cosa e vieni strumentalizzato. Lo so perché ci sono già passato”. Vero ma probabilmente le parole del Cavaliere avrebbero potuto salvarlo.
Lui fa finta di nulla e passa oltre. Scherza e fa battute. Forse ancora non comprende che davanti ha la prospettive di sette anni di carcere. Imperterrito va avanti per aneddoti. E il più incredibile è quello che lo immortala nel suo bagno, questa mattina, alle prese con la barba e un rasoio difettoso. “Io me l’aspettavo la condanna, questa mattina poi mentre mi facevo la barba mi sono tagliato”. Un taglio che lui ritrova in questa sentenza. “Se fossi stato assolto – prosegue – mi ero già preparato la frase. Avrei detto che la mia pena io l’ho già scontata”. Questo non lo può dire. Ma ribadire l’eroicità dell’amico Mangano, quello sì. E va avanti: “Per me Mangano resta un eroe. Lui è come il protagonista dei fratelli Karamazov”. Ancora e di più: “E’ stato malato per anni e non ha parlato”, nonostante “tutti lo tirassero per la giacchetta per incastrare Berlusconi”.
Così non è andata e ora tocca attendere la Cassazione. Solo un altro appuntamento per Dell’Utri che non si scompone, non suda, scherza e sorride. “Io sono uno che non somatizza, non ci penso, non me la prendo”. Tutto bene, dunque. Tanto più che la parte delle stragi del 1993 evapora perché “il fatto non sussiste”. E dunque quelle stragi? Il senatore azzurro non ha dubbi. “Bisogna andare avanti con le indagini, trovare i mandanti perché i mandanti ci sono”. Detto e concluso. La sala applaude. E il senatore per la prima volta tradisce imbarazzo. “Alle conferenze stampa non si applaude”.