L’ha detto Saviano, ma l’aveva detto prima Mathieu Kassovitz: “Fino a qui, tutto bene. Fino a qui, tutto bene. Fino a qui, tutto bene. Il problema non è la caduta, ma l’atterraggio”. Così se ne è andato ‘O guerriero, il primo e l’unico sfornato dal Grande Fratello. Correva l’anno 2000, ma oggi diremmo anche prima: palestrato, abbronzato, tatuato, guascone, seduttore, Pietro Taricone era pure qualcos’altro, di più. Intelligente, attributo spesso in libera uscita dal piccolo schermo, e ancor più dai reality: per questo, ma non solo, refrattario alle logiche del successo effimero.
Quella prima edizione, Pietro non la vince, la “lascia vincere” a Cristina Plevani, amante di qualche notte nella Casa, affettiva a lungo termine: “Faccio parte del passato, dell’inizio del suo cammino mediatico. E non posso aggiungere molto altro”, dice oggi la bagnina platinata al Corsera, e merita stima. Come Pietro, che uscito dall’acquario snobba – dicono i detrattori – il Buon compleanno che attendeva i gieffini su Canale5, e fa di testa propria: ai rimasugli di notorietà – per lui, instant star, anche succulenti – preferisce il fuoricampo.
Taricone vuole fare l’attore, e ci prova: Distretto di Polizia 3 nel 2002, l’anno dopo Ricordati di me di Gabriele Muccino e Radio West, dove conosce Kasia Smutniak, da cui avrà la figlia Sophie. Poi, lo aspetta Maradona, a cui fa da pusher per La mano de Dios di Marco Risi nel 2007, e ancora il vigile del fuoco nel Codice rosso di Canale5, La nuova squadra su Raitre, Tutti pazzi per amore su Raiuno. Senza far gridare al miracolo, Pietro ce l’ha fatta, concedendosi ai riflettori solo per lo stretto tempo necessario alla riprese: tutto il resto è volo, libero, felice, distante. Anche dall’odio – la citazione di Kassovitz è dal film omonimo – con cui più di qualcuno aveva ricambiato la sua rinuncia al decalogo del docile gieffino.
Oggi Pietro se n’è andato, di peso, fregato dalla stessa gravità istrionica che l’aveva reso indimenticabile ‘O guerriero. Ma Pietro era anche altro, di più: intelligente, al netto dei muscoli pompati, del sorriso esibito, della vita secondo spettacolo. Per lui, oggi non vale L’Odio di Kassovitz, piuttosto, italianamente, la Destinazione Paradiso di Grignani: “Un viaggio ha senso solo senza ritorno se non in volo”.