Se si perde, i commenti del dopo partita assomigliano un po’ alle interminabili chiacchiere con gli amici sulla fine di un amore. Figuriamoci se si esce da un Mondiale e nella maniera ben poco gloriosa in cui è uscita l’Italia: non c’è termine all’autocoscienza. Ma mentre da noi si piange sul latte versato e si ricama di anticipazione sulle futuribili gesta di Prandelli, il grande gioco dei Mondiali va avanti.

Con tutto il suo portato di folklore e simbolismo, di volti nuovi che si illuminano all’improvviso e campioni che si spengono. Con tutta la potenza del mondo – seppure quello calcistico – che si incontra e si confronta. E diventa l’occasione anche per scoprire e raccontare storie grandi e piccole. Come quella del libro di Goffredo De Pascale, “Africa bomber” (Add Editore): la vicenda di un giovane calciatore nigeriano fuggito in seguito a discriminazioni religiose e politiche, giunto in Italia dopo un drammatico viaggio nel deserto a dorso di cammello e arrivato a Lampedusa a bordo di una carretta. Ora Kalapapa «Kalas» Ngeri – questo è il suo nome ha ottenuto lo status di rifugiato politico. E, praticamente adottato da un piccolo centro in provincia di Perugia, ha ripreso a giocare in una squadra di seconda categoria, il Tuoro.

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