Nel suo appello finale ai Giudici della Corte d’Appello di Palermo, nell’aula bunker di Pagliarelli, il sostiruto Procuratore Generale Nino Gatto aveva concluso la sua arringa con questa appassionata esortazione:
“Voi potete contribuire alla costruzione di un gradino salito il quale forse, e ripeto forse, si potranno percorrere altri scalini che potranno fare accertare le responsabilità che hanno insanguinato il nostro paese. Oppure potete distruggerlo questo gradino”.
Con la sentenza promulgata oggi che condanna a sette anni di reclusione il sentatore Dell’Utri per concorso esterno in associazione mafiosa, i Giudici della Corte d’Appello non lo hanno distrutto quel gradino ma hanno pero rinunciato a dare il loro conribuito per percorrere quegli altri scalini che, malgrado loro, ci porteranno a conoscere la verità sulle stragi del ’92 e del ’93 e a scoprire le responsabilità di quel sistema di potere che ha intriso di sangue le fondamenta di questa disgraziata seconda Repubblica.
Si è ripetuto, seppure in forma peggiore per l’imputato di questo processo lo scenario del processo a Giulio Andreotti, con una cesura sulle responsabilità dei due imputati per i due periodi rispettivamente prima e dopo gli anni e ‘80 e prima e dopo il ’92, come se la criminalità mafiosa fosse possibile troncare repentinamente i rapporti intrattenuti fino a un dato momento.
Con la differnza che per Giulio Andreotti era stato possibile applicare quella prescrizione dei reati che una informazione non degna di questo nome ha sempre spacciato come assoluzione, mentre, grazie a Dio per Marcello Dell’Utri questa possibilità scatterà solo nel 2015.
La prescrizione non ha quindi potuto essere applicata e questo ci consentirà, e ne saremo felici, di vedere Marcello Dell’Utri varcare le porte del carcere dove potrà sentirsi più vicino al suo eroe, Vittorio Mangano, al quale anche in questa occasione ha ritenuto di dovere tributare il suo omaggio e che in carcere, appunto, ha concluso i suoi giorni.
Questo sempre che, come succeso con Cesare Previti, altro soddale del Presidente del Consiglio a cui questi non era riuscito ad evitare il carcere, non venga affidato ai servizi sociali.
Che si profilasse una assoluzione per i fatti dal ’93 in poi , la gestione della seconda fase della trattativa e la nascita di Forza Italia quale nuovo partito di riferimento della criminalità organizzata era da intuire dopo che il colleggio giudicante aveva rinunciato ad acquisire le testimonianze dei nuovi collaboratori di giustizia, Massimo Ciancimino e Gaspare Spatuzza.
Testimonianze che stanno permettendo alle Procure di Palermo, Caltanissetta e di Firenze di salire appunto quei gradini che questo collegio giudicante non ha avuto il coraggio di contribuire a costruire anche se di certo non ha potuto, ne sicuramente voluto, distruggere e che ci porteranno a conoscere la verità sulle stragi del ’92 e del ’93, sulla “trattativa” o meglio sulle “trattative” tra pezzi dello Stato e criminalità organizzata, e sulla nascita del partito e del sistema di potere che oggi regge il nostro paese.
Grazie anche ai ricatti che è in grado di gestire chi oggi detiene l’Agenda Rossa sottratta dalla macchine ancora in fiamme del Giudice Paolo Borsellino.