La Francia emette titoli indicizzati alla propria inflazione, come pure la Gran Bretagna, gli Stati Uniti ecc. È logico, volendo offrire soluzioni sicure ai propri risparmiatori. Invece il Tesoro italiano si atteggia a iper-europeista e n’emette legati solo all’inflazione dell’area dell’euro (Btp-i), ma non a quella italiana. E dire che l’Italia fu antesignana nell’ambito di tali strumenti finanziari coi Certificati del Tesoro Reali 2,5% 1983-1993!

Ma c’è di peggio. Infatti di per sé esiste un prestito che, per vie traverse, è diventato un titolo del Tesoro. Si tratta della Repubblica Italiana 2,25% 2019 col codice Isin IT0003621452, emesso nel 2004 da Infrastrutture spa (Ispa). Esso abbina così la sicurezza dei titoli di stato e l’aggancio all’inflazione interna. Peccato che il Tesoro se ne freghi di farlo quotare in Italia, fornendo così alle banche un facile pretesto per rifiutarlo in mala fede a chi lo chiede e rifilargli invece la loro robetta e robaccia.

Una soluzione sarebbero i Buoni fruttiferi postali indicizzati all’inflazione italiana. Purtroppo però quelli ottimi, emessi fino al maggio scorso (serie I1, I2… I52), non sono più disponibili. Quelli offerti ora (serie J01, J02 ecc.) non sono schifezze, ma proteggono meno, perché i primi tre anni d’inflazione sono scoperti. Approfondimenti, un file in Excel per confronti ecc. sono disponibili nella mia pagina web all’Università di Torino (www.beppescienza.it).

C’è quindi motivo per lamentarsi: incuria nei confronti dei risparmiatori da parte del Tesoro e un netto peggioramento per i buoni postali. Sarebbero due temi per le associazioni di consumatori. Peccato che in Italia spesso facciano cadere le braccia e i risparmiatori debbano stare sempre sul chi vive. Caso emblematico è quello della Federconsumatori, un’emanazione della Cgil. Non le è bastato il consiglio sciagurato di rifiutare il precedente compromesso per i titoli dell’Argentina, danneggiando così migliaia di risparmiatori. A ciò s’è aggiunta la reazione a una breve citazione nel mio articolo sull’argomento su il Fatto Quotidiano del 18-6-2010. Un suo dirigente mi ha infatti subito aggredito al telefono e, fra insulti ed espressioni di dileggio, mi ha intimato di non scrivere più cose simili (cioè la verità). Come dire? Lo stile di Berlusconi ha fatto scuola anche nella sinistra.

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