In mattinata il blitz in parlamento per approvare la legge bavaglio prima delle vacanze estive, in serata l’affondo sul lodo Alfano per estendere lo scudo al premier anche per i processi a suo carico cominciati prima dell’insediamento. La macchina da guerra del Pdl si è messa in moto compatta, barra a dritta. Vede la meta dell’impunità del grande capo ormai vicina e vuole portarla a casa sfidando a muso duro tutto e tutti. Le due mosse suonano chiaramente la chiamata alle armi per la maggioranza. Berlusconi confida nella solidità dei suoi. Unica incognita rimane il presidente della Camera. Che ora dovrà decidere se allinearsi o agire coerentemente con le critiche che in questi mesi ha mosso a Silvio Berlusconi. Rischiando anche di far cadere il Governo.
Del resto il messaggio del Pdl ha un solo destinatario: Gianfranco Fini. Il 29 il ddl intercettazioni arriva in aula, difficilmente passerà senza il voto di fiducia. Fini e i suoi avranno il coraggio di votare contro il provvedimento che tanto continua a criticare? E così il lodo Alfano: per approvare la legge costituzionale, senza essere costretti ad andare a referendum, servono i due terzi dei voti. Che farà Fini? Ancora non è dato sapere. Ma quanti vedevano nella terza carica dello Stato un iceberg che poteva impensierire la corazzata di Arcore, almeno rallentandola, sono costretti a ricredersi. E anche quel Giorgio Napolitano che appariva guardiano del confine della democrazia è stato smarcato. Con beffa. La commissione giustizia del Senato, presieduta da Filippo Berselli, fa sapere che è in arrivo l’estensione dello scudo anche al presidente del consiglio, e il Pdl manda un messaggio al capo dello Stato: “Abbiamo chiesto di indicare le modifiche, ma lui non vuole segnalarcele. Andiamo avanti con il testo com’è e poi si vedrà”. Poi in tarda serata arriva anche una mezza smentita dalla maggioranza: “Non è affatto scontato che il provvedimento venga cambiato”, se non arriveranno precise indicazioni dal Quirinale. Il tentativo di alleggerire i toni accompagna la volontà di nominare al Csm Gaetano Pecorella, presidente della Commissione parlamentare sulle eco-mafie, già candidato dal Popolo delle libertà nel 2008 come giudice della Corte costituzionale.