Anche a Londra il Popolo Viola fa sentire la sua voce contro la legge bavaglio. Appuntamento sotto la sede del palazzo della BBC della capitale inglese. Saranno anche in fuga o già fuggiti, ma tutto quello che riguarda il futuro dell’Italia continua a stargli a cuore. Per questo a Piazza Navona ci sono anche loro, in collegamento telefonico però.

Non è strano veder spuntare a tratti il viola sotto il Big Ben, a Piccadilly Circus o a Trafalgar Square? Perché gli inglesi dovrebbero occuparsi dei problemi di un bizzarro paese mediterraneo, piuttosto che concentrarsi sulla crisi del loro paese? Provate a chiederlo a quel drappello di agguerriti espatriati che portano caparbiamente le loro ragioni dall’altra parte della Manica. Sono studenti appena arrivati o giovani lavoratori, cittadini arrabbiati che si sentono un po’ esiliati, o auto-reclusi della Gran Bretagna che a Berloscolandia – recente definizione dell’Observer – non ci vorrebbero neppure più tornare. O al massimo solo in vacanza. Amore e odio sono la chiave della loro risposta.

Qualcuno che ci sta da un pezzo parla una lingua fluida, ma ha preso un po’ la forma mentis londinese, e in mezzo al discorso ci infila anche un tocco di british english. Dell’Italia conservano la loquacità, quella che gli inglesi non hanno come dono di natura e la passione per qualche manifestazione chiassosa per queste latitudini. Come quando hanno inondato di viola la cancellata di Downing Street e hanno consegnato all’allora premier Gordon Brown una lettera sulla morte della democrazia italiana.

Quando poi si riuniscono si vede che hanno ordine e sono determinati a fare le cose per bene. “Questo primo luglio, dice Tena Prelec, triestina che studia a University College di Londra, siamo in collegamento con la manifestazione di Roma”. Agli stati generali se ne presentano spesso una trentina, anche se gli attivisti sono oltre cinquanta e gli iscritti “virtuali” circa 2500, precisa Lorenzo, studente di master all’Università di Westminster. Ci si vede quando c’è tempo, magari il sabato o la sera, dove si può, negli spazi pubblici della capitale, dato che la sede non può essere che itinerante. I temi all’ordine del giorno vanno dal concreto ai massimi sistemi della democrazia virtuale e partecipata, una delle loro più grandi passioni. Non provate a chiedere se c’è qualcuno che parla a nome degli altri, perché la risposta sarà categoricamente: per natura del movimento non c’è capo né responsabile unico. Solo una mission che  recita: “Il Popolo Viola London è un movimento che lotta contro il processo di degrado morale, culturale e democratico in cui l’Italia versa da tempo e che ha raggiunto proporzioni allarmanti con la deriva autoritario degli ultimi governi”. E quanto ai mezzi con cui portare avanti la battaglia: “assemblee e conferenze per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle tematiche inerenti la situazione politica italiana e sulla necessità di considerare l’emergenza democratica in Italia non solo un problema nazionale ma anche europeo”.

Insomma i Viola londinesi non riescono proprio a dimenticarsi i problemi dello Stivale, “Per questo, dice ancora Tena, abbiamo in programma per fine autunno una grande iniziativa europea sul cattivo uso dei fondi comunitari da parte dell’Italia. La lotta agli sprechi è uno dei punti qualificanti del nostro lavoro”. Londra chiama. Adesso sta all’Italia rispondere.

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