Negli ultimi tre giorni si è riaperta la frattura tra regioni e governo, è scoppiato il caos sull’età contributiva a fini pensionistici e ieri, infine, è andata in scena una mezza rivolta per i tagli alle tredicesime delle forze dell’ordine. Il tutto scatenato da tre emendamenti. Presentati da Antonio Azzollini, relatore della commissione bilancio a palazzo Madama, senatore del Pdl e sindaco di Molfetta. Quasi sconosciuto alle cronache. Fino al 2008. Quando il Tar, accogliendo un ricorso della commissione femminile della Regione Puglia, impone le quote rosa nella sua giunta comunale. Del resto, dice a ilfattoquotidiano.it, “io sono uno che crede si debba lavorare, vengo dal mondo contadino e lavoro sodo”. Per questo il doppio incarico non gli pesa. “Credo che un servitore dello Stato debba lavorare più di 15 ore al giorno, quindi tempo per altre cose ce n’è poco. Mentre parlo con lei io sto continuando a studiare le questioni”.
Definirlo politico di lungo corso è poco. Nato a Molfetta il 30 maggio 1953, il 57enne Azzollini ha mosso i primi passi nel Pdup, il partito di unità proletaria. Poi un breve passaggio nei Verdi e lo sbarco nel Pci e Pds. Da dove è espulso nel 1992 perché entra nella giunta di Molfetta guidata da Annalisa Altomare, ex Dc. Infine si candida sindaco con il Partito popolare italiano. La vera fede politica Azzollini la trova con la nascita di Forza Italia. Diventa da subito organico. Eletto al Senato nell’aprile del 1996. Confermato poi nel 2001, nel 2005, nel 2008. Dal 2006 è membro della commissione permanente bilancio e l’anno successivo viene nominato tesoriere del gruppo a Palazzo Madama. Nonostante l’ormai lunga esperienza politica, da sinistra a destra, pochi gli interventi e le dichiarazioni pubbliche. Una ormai celebre. A chi gli chiedeva del suo passato da comunista, rispose: “Con la caduta del muro di Berlino tutti noi abbiamo aperto gli occhi, non potevo rimanere ucciso ideologicamente sotto le macerie del muro”.
Le polemiche degli ultimi giorni non lo sfiorano neanche. Sulle pensioni, spiega serafico, “si è trattata di una mera questione, un semplice refuso”. Le tredicesime? “E’ una optazione che era stata concessa tra la questione dei congelamenti e la possibilità di intervenire sulle tredicesime. Punto”. Punto. “Non c’è nessuna confusione né niente, è tutto semplice”. Tutto semplice. E i tagli alle regioni? Che hanno scatenato la rivolta dei governatori del nord. L’emendamento che Roberto Formigoni ha definito una “pezza peggiore del buco”? “I commenti sono una cosa, le cose serie sono un’altra cosa. Formigoni ha espresso un parere divergente rispetto all’emendamento, ma quello delle Regioni tale è rimasto”. E gli altri? “Quello delle pensioni è già stato cambiato, mentre sulle tredicesime se il governo mi chiede di modificarlo o ritirarlo sarà fatto”. Ma, dice, “io sono espressione della maggioranza, nient’altro. Faccio il mio lavoro, devo presentare gli emendamenti, verificarli, se necessario modificarli. Sono espressione della maggioranza”, ripete. “Sono solo il relatore”. La parola magica: relatore. A leggere i commenti degli ultimi giorni se la prendono tutti con il relatore. Lui, Antonio Azzollini. “Del resto, sono il relatore”. Persino il compagno di maggioranza, Renato Schifani, oggi l’ha chiamato per suggerirgli di valutare se ritirare l’emendamento sulle tredicesime. “Va bene, sono io il responsabile di tutto”, afferma. “Ripeto: sono espressione della maggioranza di governo. Punto”. Punto. Questa pioggia di emendamenti è “assolutamente normale. Io faccio un lavoro complesso. La manovra, le pensioni. C’è un intero dibattito. Questo è tutto”. E ripete: “Io sono espressione della maggioranza e del governo. Cerchi di capire”. Come non capire.