Gli storici si dividono sulla nascita della Dogana, X o XI secolo, quello che è certo è che dopo la prima distruzione subita il palazzo venne interamente ridisegnato dal Fanzago. Nel 1943 la Dogana venne distrutta dai bombardieri Usa, gli avellinesi la ricostruirono.
Quarant’anni dopo, la sera del 23 novembre 1980, venne di nuovo giù, questa volta per le scosse del settimo grado che spianarono il centro storico della città. La tirarono di nuovo su, fino a quando un incendio non la ferì a morte nuovamente. Da allora la Dogana è così come la vedete nella foto, uguale a come era nel 1943, manca solo il soldato americano che passeggia sulle sue rovine.
Questa foto fa pensare perché è l’immagine della malattia che sta divorando il Sud: la regressione, lo sprofondare in un passato che non vuole morire mai, l’accasciarsi in un vecchio sempre aggravato da sprazzi di modernità violenta.
1943-2010, lo stesso edificio, le stesse rovine, le prime provocate dalle bombe, le ultime dall’incuria di una classe dirigente che ha lasciato solo macerie attorno a sé. Basta girare un po’ per la Campania, la Calabria, la Sicilia, nelle grandi città e nei piccoli centri per cogliere un dato comune, la mancanza di speranza.
In questi luoghi la gente non spera più, i giovani non vedono prospettive. Non credono più che qui si possa rinascere davvero. Macerie, quando interi gruppi dirigenti bruciano anche la speranza rimangono solo quelle.
Il Sud nei dal 2000 al 2005 si è affidato al centrosinistra che ha governato tutte le regioni dalla Calabria al Lazio. La gente si aspettava una politica nuova, buongoverno, lotta alle mafie, investimenti.
E’ finita come si sa: cinque anni dopo il centrosinistra ha perso tutto, a Napoli come a Reggio ha vinto un centrodestra che è riuscito ad affermarsi come il nuovo. Ma dietro le maschere dei vari Caldoro, Scopelliti, Polverini si celano i volti dei vecchi sistemi di potere, quelli che dal Sud non sono andati mai via.