Che fare? Io penso che abbia ragione la Federazione nazionale della stampa a protestare con lo sciopero del 9 luglio contro il ddl sulle intercettazioni. Capisco le obiezioni di Marco Travaglio quando afferma che “non saranno un bello spettacolo nemmeno le edicole il 9 luglio, quando i lettori troveranno soltanto i giornali crumiri” o quelle di valigiablu.it che propone per il 9 luglio “una forma di protesta più forte e originale: regalate ai vostri lettori i vostri giornali! O fateli pagare la metà”. Di tutto si può accusare la Fnsi ma non di ricorrere con disinvoltura all’arma dello sciopero. Se questa volta ha optato per la linea estrema una ragione ci deve pur essere. Il 9 luglio è uno sciopero politico, una forma di resistenza. La controparte è il governo e in gioco c’è la libertà di informare e di essere informati.
E’ vero: nella storia della Fnsi c’è lo sciopero alla rovescia (vi ricordate Raiperunanotte quando, alla vigilia del voto per le regionali, la commissione parlamentare di vigilanza Rai sospese per un mese i programmi di approfondimento giornalistico della Rai?) ma oggi questa forma di protesta non era sufficiente. Non tutti gli editori avrebbero distribuito gratuitamente i giornali e che avrebbero fatto le agenzie di stampa o le radio o le tv? Sarebbero uscite solo con le intercettazioni o con le dichiarazioni sul disegno di legge sulle intercettazioni? Questa è una battaglia che trova consenso trasversale e che non può essere considerata di parte. Sul disegno di legge sulle intercettazioni il governo può essere sconfitto. Dipende da come riusciremo ad allargare il fronte. E’ una battaglia democratica, a difesa della legalità e della Costituzione. Non è il momento di dividersi.