Politica

Bavaglio, manovra, Fini: Berlusconi regola i conti a Studio Aperto. E il Tg1 che fa? Lo riprende

Il bavaglio? E’ “sacrosanto”. La manovra? “Tutti a casa se non passa”. Il “ghe pensi mi” di Berlusconi al momento è tutto qui, nell’ennesimo round televisivo. Dopo Tg1, Tg2, radio, e Tg4, oggi è stata la volta di Studio Aperto, in quello che sembra il tentativo ultimo di guadagnare consensi – almeno con i suoi – vista la stagione difficile e i fallimenti a ripetizione. Agli altri, quelli che ancora lo guardano, pensa invece il Tg1, che questa sera ha aperto il telegiornale riprendendo l’intervista del premier alla rete ‘concorrente’, con tanto di logo (a questo punto doppio) in sovrimpressione.

Ospite amico del telegionale unificato, il presidente del Consiglio ha distribuito colpe e sostenuto le proprie tesi una per una. A cominciare dal ddl intercettazioni: “Ero e resto convinto – ha detto B. – che si tratti di una legge sacrosanta” che per di più, aggiunge, “ricalca un altro disegno di legge approvato con una maggioranza bulgara nel 2007 quando al governo c’era la sinistra”. Dove fosse quella maggioranza bulgara – il centrosinistra del 2007 aveva un voto di scarto al Senato – e come sia finito il ddl Mastella, Berlusconi evita di dirlo. Intanto però l’effetto è raggiunto. E Berlusconi continua, giustificando al pubblico la stretta sulla magistratura: “La riforma delle intercetazioni non modifica nulla nelle indagini sulla mafia, non un solo reato è stato sottratto alla lista di quelli per i quali si possono fare intercettazioni”.

E il clichè si ripete con l’annosa questiona della dissidenza interna. Il presidente del Consiglio non cita Fini direttamente ma dice: “In un partito ci si confronta e si discute, ma nel momento delle decisioni vige il principio della maggioranza, soprattutto quando questa porta avanti con coerenza gli impegni assunti con gli elettori”. Finita la parte da colomba, arriva la stoccata da falco: “Chi dovesse dissentire dovrebbe prendere atto di non essere più in sintonia con gli elettori”. Il resto è autobiografia agiografica: “Io – dice Berlusconi – ho fondato il Pdl per mettere insieme tutti i partiti del centrodestra e tutti gli italiani che non si riconoscono nella sinistra ed anche per modernizzare la politica italiana”. Risultato evidentemente raggiunto se i sondaggi “danno il gradimento del presidente del Consiglio al 63%, un record per l’Europa”.

Numeri, numeri e numeri anche per il Pil “che cresce più di quello di Francia e Germania”, “la produzione è tornata a salire” e la ripresa che è “in corso”. Eppure la manovra lacrime e sangue è lì che incombe e Berlusconi sente il bisogno di lanciare un altro messaggio ai suoi: “Se il Parlamento non ci approverà questa manovra, andremo a casa”. Ovvio, essendo stata posta la fiducia. Talmente ovvio che – commenta Massimo Donadi dell’Idv, ” è indice di due verità inconfutabili: la prima è che la fiducia l’ha messa contro la sua stessa maggioranza, la seconda che non è più tanto sicuro di avere ancora una maggioranza in Parlamento”.