Il governo accoglie le richieste degli industriali. Il conto lo pagano gli altri
Il suk è finito. Non si tratta più sulla manovra da 25 miliardi. Ieri è finito l’esame degli emendamenti in Commissione Bilancio al Senato e martedì arriverà in aula, giovedì ci sarà il voto di fiducia. Il disegno di legge che interviene sul bilancio per il biennio 2010-2012 sarà superblindato. Con un comunicato congiunto, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e il ministro dell’Economia Giulio Tremonti hanno fatto sapere che la fiducia sarà chiesta anche alla Camera. “Un atto incommentabile”, secondo il segretario del Pd Pier Luigi Bersani. Per la maggioranza la fatica di arrivare a questa sintesi è stata tanta che non può più permettersi di trattare ancora. Alla fine è stato smontato l’impianto originario dei tagli orizzontali ma sono rimasti i saldi di bilancio finali. Ecco chi ha vinto e chi ha perso nelle trattative degli ultimi giorni.
CHI VINCE. Confindustria ha chiesto e ottenuto quello che voleva. Come promesso da Berlusconi in una telefonata con Emma Marcegaglia, presidente degli Industriali, sono state cancellate le misure anti-evasione (da “stato di polizia” secondo altri) che dovevano generare sei miliardi di gettito in due anni. In particolare cambia l’articolo 38 della manovra, quello che accelerava i tempi di riscossione, da parte dell’erario, nei casi di contenzioso. La lobby farmaceutica ottiene il risultato minimo per cui stava combattendo: il taglio di 600 milioni alla spesa farmaceutica viene ripartito sull’intera filiera. Il grosso del taglio ai margini di profitto sui farmaci di fascia A (quelli gratuiti per i cittadini) viene scaricato sui grossisti e sulle aziende. Le farmacie possono essere soddisfatte, il presidente di Farmindustria (associazione delle imprese farmaceutiche) Sergio Dompé parla di “appropriazione indebita” da parte dello Stato. Come aveva promesso Berlusconi, nella versione finale viene cancellata la possibilità di tagliare le tredicesime mensilità di alcune categorie di dipendenti pubblici come vigili del fuoco, professori universitari e magistrati. Spiega Azzollini che “quella sulle tredicesime era solo un’opzione. Togliendo questa parte i saldi rimangono invariati”. Non è quindi chiarissimo perché fosse stato introdotto. Stesso discorso per l’innalzamento della soglia di invalidità che dà diritto alla pensione dell’Inps. Come previsto nei giorni scorsi, resterà al 75 per cento senza salire all’84.
Trionfa la lobby trasversale dei politici romani: arrivano 50 milioni di euro a Roma Capitale. E si riduce quindi la necessità per il sindaco Gianni Alemanno di mettere i pedaggi sul Grande raccordo anulare.
CHI PAREGGIA. Dopo il terremoto il governo aveva sospeso e imposte ai cittadini de L’Aquila, per evitare che venissero gravati anche dal fisco oltre che dalla sorte. Dopo una lunga trattativa, il governo ha deciso che nella manovra ci sono abbastanza soldi solo per continuare a sospendere le tasse di lavoratori autonomi e piccole imprese aquilane (con fatturato inferiore a 200 mila euro) per altri cinque mesi. Dal primo luglio, invece, per dipendenti, pensionati e grandi aziende tutto tornerà alla normalità. È la sospensione tributaria di minor durata della storia recente delle politiche post terremoti. Il recupero delle imposte non versate durante il periodo di sospensione (non sono state condonate ma solo congelate) dovrebbe avvenire in cinque anni. Ma ieri sera il sottosegretario Gianni Letta ha promesso un nuovo emendamento per allungare a dieci anni. Non è chiaro come la cosa sia attuabile, visto che la manovra dovrebbe essere blindata, forse ci potrebbe essere un maxi-emendamento prima della fiducia. Ma per ora sembra poco plausibile.
Il comparto sicurezza lamentava un taglio da 600 milioni in due anni che colpirebbe dalle forze armate alla polizia e ai vigili del fuoco. Negli ultimi emendamenti di ieri sera, dopo giorni di proteste, i rappresentanti del settore hanno ottenuto solo 160 milioni di euro in due anni di stanziamenti. Meglio di niente ma molto meno di quello che chiedevano. Viene però introdotto un blocco del turn over nei servizi segreti che dovrebbe assicurare una riduzione del personale di 570 unità (su 2500 in totale).
CHI PERDE. La grande sorpresa di ieri è la stangata sulle assicurazioni che vale 234 milioni di euro. L’emendamento presentato ieri dal solito Azzollini prevede un aumento della tassazione Ires per le imprese assicurative stabilendo che “la variazione delle riserve tecniche obbligatorie relative al ramo vita concorre a formare il reddito dell’esercizio in misura pari al 90 per cento”. E le assicurazioni dovranno pagare il conto della misura già da novembre, quando sono chiamate a versare la prima parte delle imposte. È molto probabile che il rincaro, in assenza di vincoli specifici, venga scaricato sui clienti tramite un rincaro dei prodotti assicurativi. Saranno quindi i consumatori a pagare di fatto i 234 milioni, che servivano al governo per compensare il mancato gettito dovuto alla cancellazione delle misure sgradite a Confindustria.
Poi ci sono ovviamente le Regioni e i Comuni (vedi pezzo qui sotto). I tagli ai trasferimenti dallo Stato agli enti locali non sono mai stati rimessi in discussione: 8,5 miliardi di euro in due anni. Non sono servite le proteste di sindaci e governatori, Berlusconi si è perfino rifiutato di incontrarli prima che la manovra fosse chiusa in Commissione Bilancio. “I saldi della manovra erano, sono e saranno intangibili”, recita il comunicato congiunto di Berlusconi e Tremonti. Perché si poteva trattare su tutto, ma non sul cuore della manovra, che era proprio il taglio ai trasferimenti (che gli enti locali potranno provare a compensare con più lotta all’evasione e, forse, la nuova service tax su immobili e servizi).
da il Fatto Quotidiano dell’8 luglio 2010