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Amici sbirri

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Sono dieci anni che, per le storie di cui mi occupo, lavoro a stretto contatto con la polizia. Un giornalista “nerista”, come si dice in gergo, bazzica gli ambienti militari, le caserme, le questure, i commissariati, a caccia di notizie. Riconosce i gradi, distingue le divise, impara a gestire rapporti professionali e, a volte, di amicizia. Inevitabilmente dà e riceve: trova lo spazio per raccontare qualcosa che ai poliziotti interessa, ne riceve in cambio notizie in forma anonima. Anche se di questi tempi si fa fatica a crederlo, non tutti i poliziotti sono sbirri. Alcuni di loro, anzi, molti di loro, vestono la divisa con un grande senso dello Stato. E non sono necessariamente di destra.

Ti trovi accanto a persone che hanno il tuo stesso modo di vedere, che condividono gli stessi tuoi sogni e le stesse paure, che vivono di grandi ideali. Con (in più o in meno, a seconda dei punti di vista) la voglia e il dovere di obbedire a chi sta più in alto di loro. Una cosa che io non potei mai fare ma che, se lo spirito è quello giusto, rispetto molto. Molti di questi poliziotti li ritroviamo anche nei cordoni che devono “arginare” le manifestazioni. Cosa accade allora? Perché partono le “cariche di alleggerimento”? Perché partono i manganelli? Qualcuno sospetta che ci siano “ordini superiori”, ma questo un poliziotto non lo ammetterà mai. Molti pensano che la divisa dia un enorme senso di impunità, e questo in parte è vero.

Ma esiste un problema molto più grave, che si chiama scarsa preparazione. Per quanto va dato atto all’attuale capo della Polizia Manganelli di aver creato a Nettuno una buona scuola per l’ordine pubblico, nella quale il personale viene formato secondo le tecniche più avanzate, questa resta una goccia nell’oceano. Moltissimi poliziotti (e non parlo dei funzionari, ma dei sottufficiali) vengono mandati per strada con pochissima preparazione, fisica, culturale e soprattutto psicologica. I manifestanti vengono visti come “nemici” (e in questo la sub-cultura di questo governo certo non aiuta), rompicoglioni che non hanno null’altro da fare che star qui a farci perdere tempo, magari sotto il caldo asfissiante e con un turno massacrante sulle spalle. E basta uno slogan, una provocazione, un uovo, a far saltare i nervi. Nervi che, invece, dovrebbero essere d’acciaio. E allora giù botte, su manganelli. Teste rotte e le solite giustificazioni (antagonisti, centri sociali).

In un paese civile la polizia (che in questo momento ha gli stessi problemi economici di tutti noi) dovrebbe ricevere la migliore preparazione possibile. Dal funzionario al semplice agente. Le tecniche ci sono, gli strumenti pure. La cosa che manca (a destra come a sinistra) è la volontà politica di investire denaro per rendere gli sbirri meno sbirri. E gli antagonisti meno antagonisti.

Sono dieci anni che, per le storie di cui mi occupo, lavoro a stretto contatto con la polizia. Un giornalista “nerista”, come si dice in gergo, bazzica gli ambienti militari, le caserme, le questure, i commissariati, a caccia di notizie. Riconosce i gradi, distingue le divise, impara a gestire rapporti professionali e, a volte, di […]

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