I consiglieri del Csm Giuseppe Maria Berruti ed Ezia Maccora, pochi mesi prima di finire nel mirino del faccendiere Pasquale Lombardi, perché contrari alla nomina a presidente della Corte d’appello di Milano di Alfonso Marra, erano stati attaccati dal ministro Angelino Alfano. Compagno di partito e in ottimi rapporti con il coordinatore del Pdl, Denis Verdini, anche lui indagato per la nuova P2. Ora quell’attacco lascia intravedere i contorni di una possibile manovra di gruppo contro quei magistrati che non vogliono scendere a patti con la politica. Era il 3 giugno del 2009 quando Alfano, al Tg2, lancia un siluro alla quinta Commissione del Csm. Un organismo molto importante: propone le nomine ad incarichi direttivi degli uffici giudiziari, che il Plenum deve ratificare. Il ministro, senza poter essere smentito davanti alle telecamere, parla di una Commissione che fa “un planning” per stabilire “a questa corrente spetta questa Procura, a quest’altra corrente, siccome non ha avuto un procuratore, spettano due procuratori aggiunti da un’altra parte… Questi sono meccanismi che oramai sono rifiutati anche in politica”.

Accuse gravi mosse ad una Commissione che con la presidenza in corso di Berruti e con quella precedente di Maccora, sta rinnovando gli uffici dei vari Palazzi di giustizia con centinaia di nuove nomine basate non più sull’anzianità ma sul merito. Provocando il malumore delle toghe in là con gli anni. Mai però, fino a quel momento, del ministro. Che dava sempre il suo parere favorevole. Dopo l’intervista, Berruti, Maccora, e un altro componente, Vincenzo Siniscalchi, anche lui ex presidente della Commissione, reagiscono con una lettera di dimissioni inviata al capo dello Stato. Esprimono grande preoccupazione per il livello altissimo dello scontro tra politica e magistratura, dato che il ministro li aveva accusati di “condotte illecite”. Napolitano li incontra al Quirinale e respinge le dimissioni. Con un comunicato ufficiale rinnova pubblicamente “fiducia nel lavoro del Csm e delle Commissioni”.

Quattro mesi prima del monologo di Alfano in tv, Alfonso Marra, nel cuore della nuova P2, aveva presentato la domanda a palazzo dei Marescialli per la presidenza della corte d’appello di Milano. E quattro mesi dopo la procura di Roma registra varie telefonate del faccendiere Lombardi che si muove, facendo puntuali report al sottosegretario Giacomo Caliendo, per far eleggere Marra. Cosa che accade il 3 febbraio di quest’anno. Berruti e Maccora dopo essere passati per le “forche caudine” del ministro entrano in quelle di Lombardi e company. Rappresentano un vero probelma: “Sa da avdè c sadda fa cu Berruti, perché l’unico stronzo è lui. E’ lui e la Maccora!”. Il faccendiere, è il 22 ottobre 2009, parla in dialetto avellinese al giudice Marra, che annuisce (Eh, eh), dall’altro capo del telefono.

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