La maggioranza ha presentato i suoi emendamenti alla legge Bavaglio. La finiana Bongiorno, presidente della commissione Giustizia alla Camera, li ha giudicati insufficienti. E ha aggiunto ulteriori modifiche. Del resto lei, come relatore, è l’unica che può presentare emendamenti oltre il termine, scaduto questo pomeriggio alle 15.
Andiamo con ordine. Le modifiche del Governo sono state presentate da Enrico Costa del Pdl e Matteo Brigandì della Lega. Le intercettazioni potranno durare per 75 giorni ed essere prorogate di 15 giorni in 15 giorni. Inoltre, sarà il giudice per le indagini preliminari, e non il tribunale in composizione collegiale, a autorizzare l’acquisizione dei tabulati in presenza di gravi indizi indispensabili ai fini delle indagini. Per sostituire il pm titolare dell’inchiesta, in caso di fuga di notizie, non basterà più l’iscrizione nel registro indagati, ma servirà il rinvio a giudizio. Lo speciale regime previsto per i reati di mafia e terrorismo viene esteso a tutti i reati di maggiore allarme sociale, tra i quali anche i cosiddetti “reati satellite” delle organizzazioni criminali. Le intercettazioni ambientali potranno essere disposte in luoghi pubblici e in luoghi privati anche se non c’è il fondato motivo di ritenere che sia in corso una attività criminosa ma si pensi che, dai risultati, possano scaturire prove fondamentali per il buon esito di un’indagine. Infine, si abbassa da quattro a tre anni la pena detentiva massima per chi compie registrazioni e riprese video fraudolente, mentre si alleggeriscono anche le pene pecuniarie per gli editori che pubblicano materiale proveniente da intercettazioni telefoniche segrete.
Giulia Bongiorno a queste modifiche ne aggiunge altre. Innanzitutto, meno sanzioni per la stampa. Gli editori saranno responsabili solo per la pubblicazione delle intercettazioni di cui era stata ordinata la distruzione e cioè quelle estranee alle indagini o che riguardano terze persone. Per questo tipo di responsabilità gli editori dovranno pagare “da cento a trecento quote”, cioè, una sanzione massima di circa 450 mila euro. Poi, la reintroduzione nel codice del concetto di “privata dimora” al posto del generico “luogo privato”. E ancora: più facili le indagini contro ignoti. In particolare nella prima fase delle indagini si pongono meno vincoli per intercettare coloro che si pensa possano essere informati dei fatti. Ad esempio, in caso di omicidio, i magistrati potranno controllare le utenze di coloro che “sulla base di specifici atti di indagine vi è fondato motivo di ritenere che siano a conoscenza dei fatti per i quali si procede o che possano fornire elementi utili ai fini della prosecuzione dell’attività di indagine”. L’emendamento inoltre prevede che per ritenere le conversazioni attinenti alle indagini non siano più necessari “concreti elementi”, ma un “fondato motivo”.
Infine, l’emendamento anti-casta. Un privilegio per i parlamentari prevedeva che, nel caso in cui, intercettando utenze di terze persone, si fosse arrivati ad ascoltare un parlamentare, si sarebbero dovuti sospendere i controlli e chiedere il via libera alla Giunta per le Autorizzazioni della Camera di appartenenza. Questo se c’era la precisa volontà di ascoltare il parlamentare. L’emendamento finiano chiede di “sopprimere le parole: anche indirettamente”. In questo modo elimina la modifica introdotta in Senato e subito ribattezzata dall’opposizione come “anti-Trani” nato dall’inchiesta nella quale, ascoltando terze persone per altre ragioni, venne intercettato il presidente del Consiglio che chiedeva la chiusura di “Annozero”, di Michele Santoro.