Ancora a proposito di cultura e vita reale, di conformismo e anticonformismo. Una lettrice che si firma K mi scrive: “Gli intellettuali non sono quelli che si chiedono ‘dove sta andando il mondo intellettuale oggi’. Quella è gente che non ha voglia di lavorare e ha trovato il modo di essere retribuito per questo. Gli intellettuali veri sono quelli che hanno il fuoco sacro dell’impegno e la sete di quella conoscenza utile a capire pasolinianamente cosa succede intorno a noi e dentro di noi. Almeno quando ero piccola me li raccontavano così…”.
Io che non sono mai stato pasoliniano (vedo i lati negativi di una modernizzazione sgangherata, e senza regole, ma non rimpiango l’Italia dell’albero degli zoccoli o degli accattoni), le regalo una citazione che ho trovato nel Diario di Guido Morselli, uno dei miei scrittori preferiti. Le parole non sono sue, ma di un altro scrittore anarchico borghese, ma non certo di sinistra, Vitaliano Brancati: “A nessuno viene il sospetto che il mondo possa aver torto, nessuno chiede la felicità di andare per il verso opposto. Chi dice mai: ‘tutti la pensano così, dunque la verità bisogna trovarla da un’altra parte?’. Chi prova più il piacere di cercare dentro a sé stesso allontanandosi a perdita d’udito dai clamori popolari, una voce discorde? E tuttavia il progresso nasce da una stonatura”.
E’ proprio questa idea della stonatura su cui equivocano certi giornalisti-intellettuali come Pierluigi Battista. Si atteggiano ad anticonformisti perché frequentano solo salotti e terrazze romane, e lì è molto chic prendere per il culo gli ultimi sfigati del “culturame” di sinistra e strizzare l’occhio al berlusconismo, o fingersi equidistanti. Ma capirebbero di essere in realtà conformistissimi, se solo andassero un po’ in tram o allo stadio, o se ascoltassero radio padania. La maggioranza del paese è con loro, di quali stonature, di quale anticonformismo si possono vantare?