“Il coso lo fa in prospettiva per le elezioni Regionali del 2010”. E il coso in questione è Angelo Giammario, consigliere del Pdl eletto alle ultime elezioni regionali (non indagato). Di lui parla Carlo Antonio Chiriaco, direttore sanitario dell’Asl di Pavia. Il suo interlocutore però non è una persona qualsiasi, ma un boss della ‘ndrangheta. Si chiama Cosimo Barranca, ed è uno dei capi più temuti della mafia calabrese sotto la Madonnina. Il dialogo prosegue. Dice Chiriaco: “Gli porti quello che puoi: quaranta, cinquanta fotocopie che lui è uno intelligentissimo e così facciamo crescere…”. L’intercettazione contenuta in una delle tre ordinanze milanesi porta la data del febbraio 2007, epoca in cui il politico “è sottosegretario alla Regione”.
Eppure questo è solo il frammento di una storia ben più vasta. Una storia che corre dalla Calabria alla Lombardia, dove si ferma e si sedimenta in strati prima criminali e poi politici. Venti cosche e più di 500 affiliati, summit, legami, omicidi. Numeri d’assedio che a ridosso di Expo 2015 stanno sconquassando un’intera classe politica. Sì, perché al di là degli assetti criminali che raccontano di un controllo del territorio ormai asfissiante, quello che fa tremare i palazzi del potere sono i rapporti tra boss e politici. Diretti oppure mediati da insospettabili come Carlo Antonio Chiriaco. Calabrese trapiantato al nord, la sua storia parte tra le fila della sinistra, passa per la Dc, approda in Forza Italia e poi nel Pdl. Simpatizzante azzurro? Non solo. Lui, che ieri è finito in carcere come l’amico Cosimo Barranca e altre 300 persone, lo chiamano “l’uomo delle tessere e dei congressi”. Con in testa un solo nome da sempre: Giancarlo Abelli, deputato azzurro e fedelissimo di Berlusconi, mattatore all’ultimo Consiglio regionale, ma esule volontario in Parlamento. Scrivono i magistrati: “Chiriaco mette a disposizione della ‘ndrangheta la sua carica di direttore sanitario Asl e i propri contatti politici a ogni livello, incanalando i voti a favore della candidatura di Giancarlo Abelli e Angelo Giammario”. E del resto è nota anche la sua amicizia con lady Abelli. A Rosanna Gariboldi, il dirigente dell’Asl pensava per la candidatura alle ultime regionali circa un anno prima che l’ex assessore alla Provincia di Pavia venisse arrestata per riciclaggio.
L’ultimo acuto del fronte pavese arriva dall’assessore comunale Pietro Trivi, indagato per corruzione elettorale. Nell’inchiesta il suo nome è legato a una intercettazione con Chiriaco in cui il dirigente sanitario, a seguito dell’arresto di Rosanna Gariboldi, prefigura un impegno di Giancarlo Abelli per le ultime Regionali. Dice Chiriaco: “Deve fare l’assessore alle Infrastrutture che può fare quel cazzo che vuole. Poi lui ha la testa. Nei prossimi cinque anni c’è Expo 2015. Ma sai cosa c’è da fare nei prossimi cinque anni a livello di infrastrutture?”.
Rosanna Gariboldi, coinvolta nell’inchiesta sul re delle bonifiche Giuseppe Grossi, rientra anche in uno stralcio brianzolo su allegre gestioni di società immobiliari. Nello specifico, la Pellicano srl. Tra i soci c’è anche l’ex assessore regionale Massimo Ponzoni, delfino del governatore Formigoni, che per quell’inchiesta sarà indagato. Tra loro i punti in comune non mancano. Perché se la signora Abelli ha Chiriaco, Ponzoni vanta sponsor mafiosi di livello come la famiglia Strangio. “Lui – scrive il gip Giuseppe Gennari – fa parte del capitale sociale della organizzazione”. Salvatore Strangio, scrive il giudice, “acquisiva per conto della ‘ndrangheta il controllo delle attività economiche della Perego strade Srl, poi diventata Perego general contractor”. Il tutto con il bene placido del patron Ivano Perego, finito, come Strangio, in carcere con l’accusa di 416 bis. La vicenda della Perego è molto semplice: l’impresa che si trova in difficoltà economica viene salvata dai clan e che la rilanciano verso i grandi appalti pubblici di Citylife e della Pedemontana.
Ecco, dunque, chi è l’interlocutore di Ponzoni. Anche se, scrive il gip, “il passaggio più inquietante è quello in cui Ponzoni viene indicato come il personaggio giusto al quale rivolgersi per sostenere la candidatura di un soggetto gradito ai calabresi. E l’inquietudine raddoppia quando si apprende che l’uomo dei calabresi è un colonnello dei Carabinieri”. L’elenco prosegue con Antonio Oliverio, ex assessore provinciale al Turismo nella giunta Penati, dal 2009 in forza al Pdl di Guido Podestà. Calabrese, titolare di una società che si occupa di smaltimento rifiuti, legato alla Perego e alla cosca Valle, Oliverio indossa la casacca azzurro Pdl per ottenere una posizione privilegiata in vista della distribuzione degli appalti di Expo. Ancora da decifrare, infine, la figura di Marco Clemente, uomo legato ad Alleanza nazionale, che grazie alla mediazione di Loris Grancini, ritenuto vicino a Cosa Nostra, si è speso per far ottenere favori carcerari al boss Giovanni Lamarmora. Questa, però, è solo la prima puntata di una storia tra mafia e politica lombarda che annuncia altri clamorosi sviluppi.
di Davide Milosa
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