Gli hacker sono riusciti a mettere le mani sul sito della Casa Bianca, e persino su quello del Pentagono. Ma non erano mai – finora –penetrati nelle sacre stanze della pagina internet del Vaticano, www.vatican.va. Eppure lo scandalo dei preti pedofili, che ha attraversato la Chiesa negli ultimi mesi, s’è riverberato anche nel grande mare della Rete. Da alcuni giorni, infatti, chiunque volesse cercare l’home page del Vaticano scrivendo “Vatican” – ovvero il nome inglese – su Google, il motore di ricerca più utilizzato al mondo, troverebbe come primo suggerimento “Vatican – The Holy See”. Tutto bene? Non proprio. Perché il link collegato non è affatto al vero sito del Vaticano. Ma a www.pedofilo.com.

La colpa non è certo dei responsabili della web page del Vaticano: che lo scorso anno è stata cliccata 1,3 miliardi di volte, e che è finora riuscita a difendersi dai (costanti) tentativi di hackeraggio grazie a “scudi” difensivi dai nomi biblici (il più importante, ad esempio, si chiama San Michele). L’errore dipende da uno “scherzo” giocato all’algoritmo del motore di ricerca attraverso operazioni Seo –Search Engine Optimization – probabilmente messe in atto da qualche burlone, malintenzionato o anticlericale. Certe, però, sono due cose. La prima è che, cliccando sul sito suggerito da Google, non si arriva da nessuna parte: la pagina infatti è bloccata. La seconda è che per giorni moltissime persone – soprattutto straniere, visto che il “trucco” non funziona scrivendo nel motore di ricerca “Vaticano” – hanno visto accostato, su Google, il nome della Santa Sede al sito pedofilo.com. Un colpo indiretto ma potente all’immagine, già logorata, della Chiesa Cattolica.

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