La colpa non è certo dei responsabili della web page del Vaticano: che lo scorso anno è stata cliccata 1,3 miliardi di volte, e che è finora riuscita a difendersi dai (costanti) tentativi di hackeraggio grazie a “scudi” difensivi dai nomi biblici (il più importante, ad esempio, si chiama San Michele). L’errore dipende da uno “scherzo” giocato all’algoritmo del motore di ricerca attraverso operazioni Seo –Search Engine Optimization – probabilmente messe in atto da qualche burlone, malintenzionato o anticlericale. Certe, però, sono due cose. La prima è che, cliccando sul sito suggerito da Google, non si arriva da nessuna parte: la pagina infatti è bloccata. La seconda è che per giorni moltissime persone – soprattutto straniere, visto che il “trucco” non funziona scrivendo nel motore di ricerca “Vaticano” – hanno visto accostato, su Google, il nome della Santa Sede al sito pedofilo.com. Un colpo indiretto ma potente all’immagine, già logorata, della Chiesa Cattolica.