Tre giorni di memoria, ma anche di politica. Sì, perché il susseguirsi di manifestazioni, incontri, dibattiti per il diciottesimo anniversario della strage di via D’Amelio sembra spaccare ulteriormente il centro-destra. Mentre i ragazzi delle Agende Rosse e Salvatore Borsellino chiedono che non vi siano politici sul luogo della strage, il finiano Fabio Granata – dai nostri blog – domanda che resti lontano dalle commemorazioni chi solidarizza con i condannati e chi rimane al suo posto nonostante le richieste di arresto: un chiaro riferimento ai casi Dell’Utri e Cosentino.
Del resto, il pensiero di Paolo Borsellino, il giudice di destra vittima di Cosa Nostra (ma non solo), sul punto era chiarissimo. Già nel 1989, parlando dei rapporti mafia e politica, Borsellino diceva: “Vi è stata una delega totale e inammissibile nei confronti della magistratura e delle forze dell’ordine a occuparsi esse sole del problema della mafia […] E c’è un equivoco di fondo: si dice che quel politico era vicino alla mafia, che quel politico era stato accusato di avere interessi convergenti con la mafia, però la magistratura, non potendone accertare le prove, non l’ha condannato, ergo quell’uomo è onesto… e no ! […] Questo discorso non va, perché la magistratura può fare solo un accertamento giudiziale. Può dire, be’ ci sono sospetti, sospetti anche gravi, ma io non ho le prove e la certezza giuridica per dire che quell’uomo è un mafioso. Però i consigli comunali, regionali e provinciali avrebbero dovuto trarre le dovute conseguenze da certe vicinanze sospette tra politici e mafiosi, considerando il politico tal dei tali inaffidabile nella gestione della cosa pubblica. Ci si è nascosti dietro lo schema della sentenza, cioè quest’uomo non è mai stato condannato, quindi non è un mafioso, quindi è un uomo onesto”.
Così Granata, riferendosi della fiaccolata della Giovane Italia di lunedì Palermo – dove è per ora prevista insieme alla presenza di Gianfranco Fini anche quella di Maurizio Gasparri, Gianni Alemanno, Giorgia Meloni e Domenico Nania e Carlo Vizzini – scrive : “Sarebbe bello non dover scorgere, tra tante facce amiche, qualche presenza stonata: tutti coloro che sui temi della verità e giustizia sulle stragi e sul rapporto mafia politica non hanno assunto comportamenti rigorosi e coerenti. Chi ha appassionatamente solidarizzato con condannati per mafia esaltatori di mafiosi eroici o con chi resta attaccato alla poltrona nonostante i mandati di cattura per associazione camorristica.
Chi, da posti di responsabilità politica, non perde occasione per attaccare la magistratura compresa quella che, irriducibilmente, cerca ancora verità e giustizia su quelle stragi e pretende di individuarne esecutori e soprattutto mandanti. In una parola, ci piacerebbe che stessero lontani dalla nostra fiaccolata e da tutte le commemorazioni in programma tutti quelli che, per dirla con Paolo Borsellino, hanno perduto per sempre “il diritto alla parola”.
Gli risponde durissimo il vice-capogruppo dei deputati Pdl, Maurizio Bianconi: “Ormai Granata con le sue dichiarazioni non ci stupisce più. Alla fiaccolata di lunedì a Palermo, non vorremmo vedere, per quanto ci riguarda, quanti hanno dimenticato la grande lezione di Leonardo Sciascia e quanti hanno fatto comunella con chi attaccò e demonizzò il giudice Falcone, ma soprattutto non vorremmo vedere chi seguace di ’incultura’ dipietrista pretende di fare il censore e il giustiziere per evidenti chiarissimi interessi di bottega e chi in preda a irrefrenabile logorrea e delirio mediatico si sta adoperando da mesi per tentare di sovvertire la volontà popolare”.
La fiaccolata per Borsellino, insomma, rischia di diventare l’occasione definitiva della resa dei conti nel Pdl. E adesso in molti si chiedono cosa farà Fini. Perché Borsellino anche a 18 anni di distanza dalla morte, a destra come a sinistra, scuote le coscienze. E il 19 luglio, se si ha coraggio, è il giorno giusto per dire da che parte si sta sta.